
Palazzo del Bo e Palazzo Liviano
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Palazzo del Bo
Un po' di storia
Palazzo del Bo, uno dei complessi edilizi più grandi e importanti di Padova, è sede universitaria già a fine Quattrocento.
Il palazzo si compone di due corpi di fabbrica.
Il primo si articola intorno al cosiddetto Cortile Antico, realizzato a partire dal 1547, occupato in epoca medievale dall’Hospitium Bovis, una locanda collocata nella zona delle beccherie, ovvero delle macellerie. In ragione delle sue origini, Palazzo del Bo ha mantenuto nel suo nome l’antico appellativo di questo spazio.
Il secondo insieme di edifici è frutto delle opere di rinnovamento compiute tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento sugli spazi precedentemente occupati dal palazzo Battaglia-Capodivacca, di origine cinquecentesca. L’aspetto attuale si deve soprattutto al rettore Carlo Anti che, tra il 1932 ed il 1943 ridefinisce le forme e le funzioni del palazzo, chiamando celebri artisti e architetti a realizzare l’opera.
Accedendo dal portone principale, si entra nel cortile Antico attribuito all’architetto bergamasco Andrea Moroni, dove si possono ammirare oltre tremila stemmi affrescati o in pietra che decorano le pareti e le volte dei loggiati. Essi appartenevano a studenti con cariche accademiche e ai loro consiglieri, rappresentanti delle diverse nationes.
La grande varietà di provenienze del corpus studentesco è celebrata anche nella Sala dei Quaranta, le cui pareti accolgono i ritratti di illustri studenti stranieri, realizzati da Gian Giacomo dal Forno nel 1942 e recentemente restaurati.
Nella sala si custodisce, inoltre, la celeberrima cattedra di Galileo Galilei, un tempo collocata nella sala grande dei legisti, oggi Aula Magna, da cui il professore impartiva le sue lezioni.
Molte sono le testimonianze della storia della medicina, dalla sala omonima con i numerosi ritratti dei professori che hanno segnato la storia di questa disciplina per arrivare al Teatro Anatomico. Costruito nel 1594 per volere di Girolamo Fabrici d’Acquapendente, il teatro è un esemplare unico nel suo genere, essendo la più antica struttura stabile arrivata sino ad oggi e diventando modello per moltissimi teatri anatomici di tutta Europa.
Passando attraverso la Sala di Medicina, sede delle cerimonie di laurea e custode degli affreschi del pittore veronese Achille Funi e degli arredi di Gio Ponti, si accede alla Sala di Giurisprudenza. Utilizzata anch’essa per le cerimonie di laurea, al suo interno si può ammirare l’affresco di Gino Severini.
Tra le opere conservate a Palazzo Bo, ancora oggi è possibile ammirare la statua del bassanese Bernardo Tabacco, rappresentante Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna, come vuole la tradizione, ad essere coronata di alloro, il simbolo dei laureati.
Il secondo corpo del palazzo è costituito dal Cortile Nuovo, edificato negli anni Trenta e Quaranta del Novecento per volontà del rettore Carlo Anti. Progettato dall’architetto Ettore Fagiuoli, per volontà dello stesso rettore, presenta un assetto completamente differente da quello antico, che esaltava “lo spirito volontaristico della goliardia padovana dal 1848 in poi”.
Accesso principe al Rettorato, la Scala del Sapere si sviluppa nell’Atrio degli Eroi, dedicato agli studenti caduti nei conflitti che hanno coinvolto l’Ateneo dal 1848 in poi. La monumentale scala è stata progettata da Gio Ponti e decorata dal designer insieme alla figlia Lisa Ponti, a Fulvio Pendini e a Giovanni Dandolo, agli inizi degli anni Quaranta del Novecento, con la salita al sapere dello studente attraverso le personificazioni delle discipline. Alla base della stessa si trova la scultura dell’artista trevigiano Arturo Martini.
Alcune opere più recenti decorano il Cortile Nuovo. Gio Pomodoro nel 1992 realizza la Spirale dedicata a Galileo Galilei, per commemorare i quattrocento anni dall’arrivo del professore toscano. Nel 1995 Jannis Kounellis celebra i cinquant’anni dalla liberazione del nazifascismo con l’opera di arte povera Resistenza e Liberazione.
Focus sugli spazi
Il Cortile antico
Costruito a partire dal 1547, si ispira alle accademie gymnasia del mondo greco. Il progetto è attribuito all’architetto bergamasco Andrea Moroni che realizza un cortile quadrangolare circondato da un doppio loggiato.
Oltre tremila stemmi araldici, affrescati e in pietra, decorano il cortile e alcune sale. Appartenevano agli studenti che ricoprivano le cariche più importanti: rettori e consiglieri delle diverse nationes. Nel 1688 la Serenissima vieta la continuazione di tale tradizione.
L’Aula Magna
L'Aula Magna è la sala di rappresentanza dell'Università di Padova. Dal Cinquecento all'Ottocento essa divenne sede ed aula di lezione della Facoltà di Legge; al suo interno vi insegnò eccezionalmente anche Galileo Galilei, durante i diciotto anni che trascorse a Padova.
Di particolare pregio il soffitto affrescato dal pittore veneziano Giulio Carlini, su commissione del rettore Giuseppe de Menghin tra il 1854 ed il 1856, con l’allegoria della Sapienza che diffonde il raggio della verità ed illumina le Facoltà di Teologia, Legge, Filosofia, Medicina e Matematica, e il podio realizzato da Giò Ponti, che incornicia il motto dell’Ateneo: Universa Universis Patavina Libertas.
La Sala dei Quaranta
La Sala dei Quaranta deve il suo nome ai ritratti che decorano le pareti di quaranta illustri stranieri che diffusero il sapere appreso a Padova nei loro Paesi d’origine. I protagonisti sono tutti studenti: scienziati, giuristi, umanisti, medici e anatomisti vissuti tra il Trecento e l’Ottocento.
Le tele furono eseguite tra il 1938 ed il 1942 da Gian Giacomo dal Forno. La sala è arredata da Gio Ponti e ospita la cattedra che, secondo la tradizione, perché non vi sono riscontri documentari, fu costruita dagli studenti per il grande scienziato Galileo Galilei.
La Sala di Medicina
Piano nobile della reggia della famiglia Papafava da Carrara, diventa nel Cinquecento l’aula di lezione di Medicina. Ancora oggi ospita le cerimonie di laurea di questa disciplina. Oltre agli innumerevoli ritratti di professori che hanno fatto la storia, è decorata da due affreschi di Achille Funi e arredata e illuminata in parte dai mobili e le luci di Gio Ponti.
Il Teatro Anatomico
È il più antico teatro anatomico stabile al mondo conservato ancora oggi. Costruito nel 1594, su spinta del medico Girolamo Fabrici d'Acquapendente, rimase in uso sino al 1872. Realizzato su sei livelli, esso presenta una una forma del tutto particolare, a cono rovesciato, funzionale a coloro che assistevano alle lezioni di Anatomia. Una stanza antistante il teatro, la cosiddetta cucina anatomica, serviva per la preparazione dei cadaveri prima delle lezioni.
Statua Elena Cornaro
Elena Lucrezia Cornaro Piscopia è la prima donna laureata al mondo. Ottenne il titolo all’Università degli studi di Padova. Ebbe la possibilità di studiare privatamente apprendendo così moltissime lingue e diverse discipline. A 19 anni prese i voti di oblata benedettina e più tardi avrebbe desiderato laurearsi/avrebbe presentato la sua domanda per conseguire la laurea grazie al precettore Carlo Rinaldini in Teologia, ma non le fu concesso poiché era un ambito esclusivamente maschile. Si laureò quindi in Filosofia.
La sua statua, donata dall’oblata Caterina Dolfin nel 1773, era parte del monumento funebre realizzato da Bernardo Tabacco.
Cortile Nuovo
Il Cortile Nuovo, in origine detto Cortile Littorio, è il cuore del nucleo novecentesco del palazzo. È stato progettato dall’architetto veronese Ettore Fagiuoli, per volere del rettore Carlo Anti, per celebrare lo spirito combattente degli studenti dell’Ateneo. "spirito volontaristico della goliardia padovana dal 1848 in poi" (PHAIDRA)
Il tema è rappresentato dal bassorilievo in travertino di Attilio Selva, realizzato nel 1939 sulla parete orientale del portico, rappresentante la goliardia padovana dal 1848 in poi. Il valore esaltativo è assunto anche dalla Minerva Vittoriosa di Paolo Boldrin, posta nel vicino Cortile della Meridiana.
Atrio degli Eroi e lo Scalone del Sapere
Nell’atrio degli Eroi si trova la stele dedicata ai caduti delle guerre tra il 1848 e il 1866 e della Resistenza. Qui si innalza, inoltre, la monumentale Scala del Sapere, affrescata da Gio Ponti con l’aiuto della figlia Lisa Ponti, di Giovanni Dandolo e di Fulvio Pendini nel 1941. L’affresco celebra il sapere attraverso il percorso allegorico di uno studente verso la Sapienza massima, l’Alma Mater.
Il Palinuro, ai piedi dello Scalone è realizzato da Arturo Martini nel 1946. L’opera è dedicata allo studente partigiano, Primo Visentin, ucciso pochi giorni dopo la Liberazione. Per questo motivo è stata scelta la figura mitica del Palinuro, timoniere di Enea, morto poco lontano dalle coste italiane.
Gio Pomodoro e Jannis Kounellis
Gio Pomodoro realizza, nel 1992, la Spirale per Galileo Galilei, per i 400 anni dall’arrivo dello scienziato a Padova. L’opera si trova in un angolo del Cortile Nuovo.
Nel 1995, Jannis Kounellis realizza Resistenza e Liberazione, opera di arte povera dedicata a Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti ed Ezio Franceschini che agirono per la liberazione dal nazifascismo.
Molti studenti e non solo combatterono in prima linea per la libertà e il loro sacrificio è stato riconosciuto con la medaglia d’oro al valor militare con cui è stato decorato l’Ateneo patavino.
Palazzo Liviano
Un po' di storia
La Sala dei Giganti è testimonianza, insieme al Loggiato (sede dell’Accademia Galileiana), dell’antica e imponente Reggia dei Carraresi, costruita dalla signoria di Padova nel corso del Trecento. Una prima decorazione, ispirata al De viris illustribus di Francesco Petrarca, risale al 1368. Di questa, rimane solamente un lacerto rappresentante il poeta aretino seduto nel suo studio.
Alla realizzazione dell’opera partecipano pittori molto celebri nel panorama veneto del tempo, come Altichiero da Zevio, un non meglio noto Ottaviano da Brescia e il veronese Jacopo Avanzi.
Divenuta sala di rappresentanza del Palazzo del Capitano nel XVI secolo, essa viene ristrutturata e nuovamente decorata per volontà del capitano Girolamo Cornaro, che affida il programma iconografico ad Alessandro Maggi da Bassano.
Le pareti vengono affrescate con cinquanta illustri personaggi storici, il cui scarto cronologico va dalla fondazione di Roma agli albori del Rinascimento. L’esecuzione dei dipinti viene commissionata a Domenico Campagnola, Stefano dall’Arzere e probabilmente Gualtiero Padovano. Si ipotizza inoltre la partecipazione di Giuseppe Porta Salviati e Lambert Sustris, che diffondono la maniera romana nel nord della penisola.
La sala sin dal Cinquecento viene utilizzata per le adunanze, come ambiente di rappresentanza e talvolta come spazio per le feste in maschera e i balli degli studenti. Ne parla il celebre storiografo Giorgio Vasari nella seconda edizione de Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), ricordandola come «la sala degli imperatori romani, dove nel tempo di carnovale vanno gli scolari a danzare»
Nel 1632 ospita la Biblioteca Universitaria, costituita tre anni prima e nel 1822 viene arredata dagli scaffali realizzati dal fiammingo Michael Bertens provenienti dalla Biblioteca di Santa Giustina.
Negli anni Trenta del Novecento, sotto il rettorato di Carlo Anti, vengono avviati i lavori di costruzione della nuova sede della facoltà di Lettere e Filosofia, Palazzo Liviano, che si erge a ridosso della sala. Il cantiere procede sotto la direzione dell’architetto milanese Gio Ponti, che realizza un edificio che segue le forme dello stile metafisico per celebrare lo storico latino Tito Livio, nativo di Padova.
Concluso l'edificio, il rettore Carlo Anti nel 1937 promuove un concorso per l'esecuzione dell'affresco dell’atrio, dal tema «la continuità della cultura romana nella moderna, attraverso l'esaltazione di simboli di vita e poesia, di virtù eroica, di studio e lavoro» con l’intento di celebrare la figura di Tito Livio.
I pittori invitati a partecipare alla gara sono tra i cinque più grandi esponenti del gruppo Novecento italiano: Massimo Campigli, Mario Sironi, Achille Funi, Guido Cadorin e Ubaldo Oppi. A maggio del 1938 viene scelto come vincitore Massimo Campigli.
Nel 1942, in occasione del bimillenario della nascita di Tito Livio, Mario Bellini (1863-1946) mette a disposizione dell'Ateneo padovano una somma per la realizzazione di una statua da collocare nell'atrio del palazzo, dedicata allo storico romano. Per l'opera viene chiamato lo scultore trevigiano Arturo Martini (1889-1947), che lavora tra il 1942 ed il 1943.
Lo storico latino è ritratto chinato, riflessivo: “un bambino che si inginocchia e scrive per tutta la vita”, secondo la definizione dell’artista.
La Sala dei Giganti
La Sala dei Giganti, situata a ridosso di Palazzo Liviano, ha origini molto antiche. Un tempo era parte dell’imponente Reggia dei Carraresi, di cui oggi costituisce, assieme al Loggiato - sede dell’Accademia Galileiana - l’unica parte sopravvissuta. In origine le pitture alle pareti con affreschi di uomini famosi della storia antica, basate sull’opera De viris illustribus di Francesco Petrarca, dovevano essere iniziate dal 1368, anno in il poeta aretino si trasferì a Padova. La sala veniva chiamata Sala Virorum Illustrium o Sala Imperatorum, in riferimento ai personaggi degni di nota rappresentati negli affreschi, riecheggianti le figure dell’opera del Petrarca. Alla realizzazione dell’opera lavorarono probabilmente pittori molto celebri nel panorama veneto del tempo, come Altichiero da Zevio, un non meglio noto Ottaviano da Brescia e il veronese Jacopo Avanzi. E’ stata inoltre ipotizzata la partecipazione di Guariento, che avrebbe lavorato solo inizialmente sul ciclo, essendo morto nel 1369. Del ciclo originario oggi rimane solo l’immagine di Petrarca nel suo studio, seduto con un volume aperto davanti accompagnato da un cane e quella di Lombardo della Seta.
Verso la metà del XVI secolo la prestigiosa reggia carrarese era divenuta/diventa Palazzo del Capitanio, l’autorità preposta al comando militare di Padova dalla Serenissima Repubblica. La sala venne quindi ristrutturata e decorata nuovamente intorno al 1540, per volontà del capitano di Padova Girolamo Corner, esponente di un'importante famiglia veneziana. Ideatore del programma iconografico fu Alessandro Maggi da Bassano - collezionista di antichità e discepolo di Pietro Bembo - il quale si ispirò alla storia romana antica ed alla classicità e fu coadiuvato nella realizzazione dai pittori Domenico Campagnola, che si occupò dell’esecuzione degli affreschi, Stefano Dall’Arzere e, probabilmente, Gualtiero Padovano. È stata ipotizzata anche la partecipazione di Giuseppe Porta Salviati, artista di formazione centro italiana, allievo del celebre Francesco Salviati e dell’olandese Lambert Sustris, che da Roma era approdato a Venezia e quindi a Padova, dove rimase fino al 1548. Il nuovo articolato ciclo si compone di un apparato iconografico e di uno epigrafico. Lungo le pareti è rappresentata una serie di cinquanta illustri personaggi storici, il cui scarto cronologico va dalla fondazione di Roma agli albori del Rinascimento. I vari personaggi sono suddivisi in categorie: quarantaquattro Uomini di governo, comprendenti re, imperatori e uomini della Repubblica, collocati sui due lati maggiori della sala; sei Uomini di lettere, uomini di cultura, letterati e poeti patavini, collocati invece sui due lati minori. La sala serviva da aula di adunanza per le truppe e di rappresentanza per la stessa prefettura ma anche per occasioni di divertimento.
La sala dei Giganti è inoltre stata legata per secoli all’Università: già verso la metà del Cinquecento vi si svolgevano feste in maschera e balli per gli studenti, come ricorda Giorgio Vasari, che nelle sue Vite la descrisse come «la sala degli imperatori romani, dove nel tempo di carnovale vanno gli scolari a danzare» .
Dal 1632 fu installata la Biblioteca Universitaria, costituita tre anni prima. Nel 1822 vi furono trasferiti anche gli arredi realizzati dal fiammingo Michael Bertens per la Biblioteca di Santa Giustina.
Oggi la Sala dei Giganti è annessa all’edificio del Liviano realizzato da Gio Ponti negli anni Quaranta del Novecento. L’impresa cinquecentesca che coinvolse uomini di potere, di cultura e d’arte assunse proporzioni tali da lasciare traccia di sé nei secoli, fino ai nostri giorni.
L’atrio del Liviano
lL Liviano di Carlo Anti: i protagonisti del XX secolo
Carlo Anti (1889-1961), professore di Archeologia presso l'Università di Padova, diventa rettore dell'Ateneo nel 1932, ricoprendo la carica per undici anni e facendosi promotore del rinnovamento delle strutture universitarie: sono infatti voluti da lui gli interventi ai Palazzi del Bo e del Liviano. Per la sede della facoltà di Lettere e Filosofia. I lavori della nuova sede vennero iniziati nel 1937 sotto la direzione dell’architetto incaricato Gio Ponti. L’edificio, costruito seguendo le forme dello stile metafisico, venne completato nel 1943 e viene dedicato allo storico latino Tito Livio, nativo di Padova.
L’atrio del Liviano
Con la conclusione dell'edificio, il rettore Carlo Anti si impegna anche per promuovere la realizzazione della decorazione interna e nel 1937 viene bandito un concorso per l'esecuzione dell'affresco dell'androne/atrio.
Il tema deciso da Anti è legato all'archeologia e nello specifico doveva celebrare la figura di Tito Livio e «la continuità della cultura romana nella moderna, attraverso l'esaltazione di simboli di vita e poesia, di virtù eroica, di studio e lavoro».
I pittori invitati a partecipare alla gara sono tra i cinque più grandi esponenti del gruppo Novecento italiano: Massimo Campigli, Mario Sironi, Achille Funi, Guido Cadorin e Ubaldo Oppi, ognuno dei quali deve presentare un bozzetto in scala 1:20. A maggio del 1938 viene scelto come vincitore Massimo Campigli.
Nel 1942, in occasione del bimillenario della nascita di Tito Livio, Mario Bellini (1863-1946) mette a disposizione dell'Ateneo padovano la somma necessaria per la realizzazione di una statua da collocare nell'atrio del palazzo, dedicata allo storico romano. Per l'opera viene chiamato il più grande scultore dell'epoca, il trevigiano Arturo Martini (1889-1947), che vi lavora tra il 1942 ed il 1943, tre anni dopo la conclusione del grande affresco.
Lo storico latino è ritratto chinato, riflessivo: “un bambino che si inginocchia e scrive per tutta la vita”, secondo la definizione dell’artista
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