L'autrice

Chi era Mary Shelley?

La biografia di Mary Shelley – il suo ‘romanzo familiare’ – fornisce in parte le ragioni del successo immediato del romanzo Frankenstein, o il Prometeo moderno, che continua a essere uno dei miti più popolari della tarda modernità.

Ritratto di Mary Shelley

Nata nel 1797, nel momento in cui varie ‘rivoluzioni’ (americana, francese, industriale) stavano cambiando il mondo, visse in un’epoca di forte trasformazione politica, sociale e tecnologica, in cui valori per lungo tempo ritenuti assoluti furono rimpiazzati da valori relativi, e un assetto sociale stabile – quello del secolo prima, di cui parla la grande Jane Austen – da uno in continua mutazione. Il concetto di autorità, terrena o divina, era stato sottoposto a critiche severe sia in occasione di grandi eventi storici quali le rivoluzioni americana e francese, che avevano innescato una serie di sollevazioni continentali nel nome dell’autogoverno, sia nel pensiero politico che filosofico radicale e libertario, passato poi in letteratura attraverso la poesia romantica. Questi cambiamenti definirono modi nuovi di rapportarsi all’autorità e di acquisire ricchezza e potere. Le teste dei re cominciarono a cadere, e con loro l’ordine sociale antico.

Mary Wollstonecraft Godwin eredita dai genitori la disobbedienza civile, socio-politica e anche personale. Dai loro scritti teorici e dalle loro vite, la giovane assorbe, ripercorre e in parte rivede il pensiero radicale di William Godwin e Mary Wollstonecraft.

William Godwin (1756-1836) è il fondatore dell’anarchismo filosofico. In An Enquiry Concerning Political Justice (1793) sostiene che il governo è fonte di corruzione per la società, perché perpetua la dipendenza e l’ignoranza del cittadino, lo tiene schiavo e ne gestisce la vita, e che ogni governo dovrà necessariamente essere privato del suo potere e della sua ragion d’essere con il graduale diffondersi dell’istruzione, della cultura e della conoscenza.

William Godwin

Alla politica si sostituirà così una moralità personale allargata, man mano che la verità s’impone sull’errore e l’ignoranza, e l’uomo sarà in grado di controllare il suo mondo. In questo sviluppo gioca un ruolo centrale l’esercizio costante del giudizio individuale, che permetterà il superamento di pratiche comunitarie, controllate da regole schiavizzanti, quali la legge, la proprietà privata, il matrimonio. Sulla scia dell’ottimismo generato dalla Rivoluzione francese, Godwin si proiettava utopisticamente in un futuro in cui il dominio della mente umana sulla materia sarebbe stato così completo che avrebbe permesso all’uomo di controllare perfino la malattia e la vecchiaia, e di diventare immortale. Se dunque è l’uomo come essere razionale a sostenere la filosofia politica di Godwin, che quindi trova il suo fondamento in ambito Settecentesco e illuministico, dall’altra il suo progetto di vita individuale e sociale rispecchia uno slancio utopico chiaramente romantico, una proiezione in un futuro eterno governato dal libero arbitrio e da istanze di libertà generalizzata, da un uomo superiore in grado di vincere anche la morte. Sua figlia scriverà proprio di questa utopia in Frankenstein, che narra il tentativo di creare una razza umana superiore, resistente alla malattia, al tempo e alla morte.

Godwin rimane famoso per questo saggio e per il romanzo Caleb Williams (prototipo dei racconti di fuga e inseguimento, guardie e ladri), nonché per il ruolo che ebbe nella Londra letteraria dal  1783-1836 – dall’inizio anticonvenzionale negli anni 1790, nella veste di filosofo radicale che sposò la femminista Mary Wollstonecraft, per tutti i quarant’anni seguenti, in cui subì gli attacchi di coloro che vedevano nella Rivoluzione francese un spauracchio temibile per ogni governo, anni in cui fu amico dei poeti romantici, scrisse e pubblicò libri per bambini, fu padre di Mary Wollstonecraft Godwin e suocero del poeta Percy Shelley, per finire poi nella posizione anomala e inaspettata di pensionato del governo sostenuto da un’amministrazione conservatrice. I suoi scritti e i diari restano una fonte inesauribile di informazioni e commenti per chi si occupi del periodo romantico, e il suo pensiero ebbe un forte impatto non solo sul poeta Shelley, che per anni ne frequentò la casa e lo mantenne economicamente, ma sugli anarchici europei (Bakunin), e gli intellettuali liberali dell’Ottocento.

Mary Wollstonecraft (1759–1797) è un’intellettuale e scrittrice inglese. Fonte d’ispirazione per il femminismo liberale, seppe dare espressione alla necessità di libertà per tutti, quindi anche per la donna, che si era affermata nella seconda metà del Settecento.

A Vindication of the Rights of Woman (Rivendicazione dei diritti della donna, 1792), scritto quando ancora non era la moglie di Godwin, di solito non viene visto come parte essenziale del dibattito generato dalla Rivoluzione francese, perché i suoi argomenti si collegano a idee egalitarie e radicali proprie dei circoli intellettuali londinesi del periodo: Wollstonecraft applica con rigore i precetti di uguaglianza e di diritto naturale alla questione femminile, con la convinzione che le deriva dall’essere parte di una comunità che quelle idee condivide.

Wollstonecraft si fa dunque portavoce di un dibattito in corso, con un atteggiamento intellettuale e astratto piuttosto che pratico – non offre soluzioni concrete per cui lottare e migliorare la vita delle donne (cambiare le leggi matrimoniali, la discriminazione sul lavoro, i salari, ecc.) – esprime un sentimento comune nei circoli intellettuali dell’Inghilterra protestante riguardo alla donna: l’etica del protestantesimo sottolineava l’uguaglianza davanti a Dio dell’anima dell’uomo e della donna, e il pensiero liberale già sosteneva la necessità di fornire a ragazzi e ragazze la possibilità di imparare a ragionare e di acquisire un’istruzione non distinta per genere. Il suo saggio divenne subito molto famoso, anche a causa della storia d’amore con Godwin, e soprattutto quando la vita privata della Wollstonecraft fu svelata negli scritti del marito – compreso il suo tentativo di suicidio, i suoi rapporti con uomini prima del matrimonio, la figlia illegittima, ecc. Si creò la leggenda di una donna libera e intelligente con cui anche la figlia Mary, che non conobbe mai la madre che morì mettendola alla luce, dovette convivere. La sua Rivendicazione è centrale allo sviluppo del pensiero fra 700 e 800, e tra fine 800 e inizio 900 per il movimento delle suffragette, perché rivendica per la donna libertà di espressione, movimento, istruzione (in forte polemica contro Rousseau) e accenna anche alla necessità del voto femminile e della rappresentanza in parlamento. 

Mary Shelley continua a sostenere gli ideali dei genitori anche quando suo padre ormai non ci crede più. La svolta conservatrice di Godwin probabilmente avviene quando la Rivoluzione francese si trasforma nelle guerre napoleoniche di conquista, e l’Inghilterra entra di conseguenza in un’epoca di repressione politica e di depressione economica. Mary reagisce a questo cambiamento del padre e lo sfida fuggendo da casa con Percy Bysshe Shelley, diventando in un certo senso la personificazione vivente delle idee giovanili dei genitori, che la madre non visse sufficientemente a lungo da poter sconfessare.

Mary crebbe in modo non convenzionale e visse la disobbedienza personale fin dalla tenera età; decise molto presto che avrebbe vissuto di scrittura, e pubblicò il suo primo libro a 11 anni (Monsieur Nongtongpaw), e la sua History of a Six Weeks Tour in Europe e Frankenstein a 19 anni. A 16 anni fuggì con Shelley, che era già marito e padre, sfidando non solo i codici sociali, ma anche la volontà di Godwin, che si rifiutò di riconoscere la coppia finché Mary e Percy non si sposarono due anni più tardi.

Quello che forse va sottolineato, rispetto alla fuga dall’Inghilterra e le peregrinazioni sul Continente assieme ai grandi scrittori romantici, è che il rapporto fra Mary e i due poeti evidenzia chiaramente che la giovane aveva la testa e l’istruzione giusta per quella cerchia non convenzionale di creativi illuminati, ma il sesso sbagliato, nel senso che Byron e Shelley preferivano discutere da soli e fare cose da soli, piuttosto che in compagnia delle donne, e che la stessa Mary, quando si trovava in compagnia dei due, assumeva il ruolo dell’ascoltatrice – a silent listener – più passivo di quanto la sua natura non la obbligasse a fare.

Proprio per questa posizione doppia di insider/outsider Mary Shelley ha condiviso gli slanci ideologici ed emotivi, nonché le fughe, della seconda generazione romantica, ma ne ha anche conosciuti i pericoli, le sconfitte, lo squilibrio interno. La sua era una posizione scomoda, divisa fra partecipazione e distacco, entusiasmo e paura. Mary sembrava essere consapevole del suo ruolo marginale:

di donna in mezzo a uomini,
di borghese alla corte di aristocratici,
di narratrice tra poeti

La storia di come Shelley sia arrivata a scrivere Frankenstein comincia quando lei stessa inizia a scriverlo in Svizzera, sul lago di Ginevra, nell’estate del 1816, quando Byron propose a lei, a Percy Shelley, Claire Clairmont (figlia della matrigna di Mary) e John Polidori, il medico personale di Byron, di scrivere un racconto che facesse davvero paura. Questa storia si trova nell’Introduzione all’edizione di Frankenstein del 1831.