pasta ripiena
Comunicazioni

Team di ricerca guidato da Unipd indaga le origini di un piatto italiano, la pasta ripiena

18.07.2024

La grande ricchezza della cultura culinaria italiana è strettamente intrecciata con la storia, la geografia e la biologia del nostro Paese. La pasta, in particolare, è un elemento centrale nella cultura italiana, e spesso la paternità di alcune ricette o piatti tradizionali è oggetto di accese discussioni.

Lo studio "Evolution of the Italian pasta ripiena: the first steps toward a scientific classification(Vazrick Nazari, Antonella Pasqualone, Andrea Pieroni, Valentina Todisco, Sofia Belardinelli, Telmo Pievani) guidato da un gruppo di ricercatrici e ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e recentemente pubblicato sulla rivista “Discover Food”, indaga le origini di uno dei più iconici elementi della cultura italiana – la pasta ripiena – utilizzando un metodo scientifico per ricostruire le origini e l’evoluzione della grande varietà di pasta ripiena presente nel nostro Paese, un esempio tra molti della diversità bioculturale italiana.
«L’Italia del nord è un hotspot di diversità per la pasta ripiena: ogni città e ogni paese brandisce con orgoglio la propria varietà unica di questo piatto sacro, la cui ricetta è spesso tramandata di generazione in generazione tra le famiglie del posto - spiega Vazrick Nazari, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e primo autore dello studio -. Questo lavoro presenta il primo approccio interdisciplinare in cui si è applicata una metodologia comunemente usata nelle scienze biologiche per far luce su questioni che rientrano nel campo delle scienze alimentari: da dove viene questa incredibile diversità della pasta ripiena italiana, e come sono correlate tra loro queste varietà?».

Per creare il dataset, gli autori si sono appoggiati sia alla letteratura scientifica sull’argomento, sia ad alcuni testi fondativi della cucina italiana, come il leggendario volume di Pellegrino Artusi “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891). Si è operata una separazione tra i formati di pasta ripiena eurasiatici (come gyoza, maultaschen, pierogi, pelmeni…), raggruppati come out-group e utilizzati come elemento di comparazione, e quelli specificamente italiani. I formati selezionati sono 28, e comprendono una varietà rappresentativa di tutto il territorio nazionale, dai culurgiones sardi ai cjarsons friulani, dai tortellini bolognesi ai cappelletti romagnoli.
Analizzando le varie caratteristiche di questa “famiglia” di pasta (ingredienti dell’impasto, tipo di ripieno, modalità di cottura, grandezza, piegatura, etc.) e la distribuzione geografica delle ricette, il tem di ricerca ha elaborato un albero filogenetico che ricostruisce la probabile origine e diffusione della pasta ripiena in Italia, così come la sua progressiva differenziazione nelle diverse forme regionali e locali.

I risultati dell’analisi mostrano che è molto probabile che la pasta ripiena, originatasi in Eurasia, sia arrivata prima nel Nord Italia, e da lì si sia diffusa nel resto della Penisola in seguito a una iniziale riduzione della variabilità morfologica (fuori dalla metafora biologica, la varietà di ricette) dovuta a una sorta di “effetto del fondatore”.
L’albero filogenetico permette di ricostruire anche le parentele tra le diverse forme di pasta ripiena. È evidente una distinzione principale tra due grandi “famiglie”, quella dei tortellini (più tridimensionali, nella foto in alto) e quella dei ravioli (più piatti, nella foto qui in basso). Entrambi i gruppi sembrano essere originari del nord Italia, dove infatti si concentra la maggior parte dei formati presi in considerazione per l’analisi. 

ravioli

È interessante notare che, in tutte le analisi svolte, un unico formato di pasta ripiena italiana viene sempre riconosciuto come esterno a queste due grandi famiglie: i culurgiones sardi. Questo suggerisce che, in Sardegna, la pratica culturale di cucinare la pasta ripiena possa essersi originata in modo indipendente rispetto al Nord Italia.

culurgiones

«Dove c’è molta diversità biologica, di solito c’è anche molta diversità culturale. Si chiama diversità bioculturale, e l’Italia ne è ricchissima – dice Telmo Pievani, coordinatore del gruppo di ricerca e docente dell’Università di Padova -. Il cibo nasce proprio dall’intersezione fra biologia e cultura. Con questo studio mostriamo che l’approccio evoluzionistico può ricostruire non soltanto l’albero genealogico delle specie, ma talvolta anche quello degli artefatti culturali. Persino della pasta ripiena».

«La dimensione culturale e quella biologica sono intrinsecamente connesse, soprattutto in un Paese ricco di storia e di natura come l’Italia. Conoscere e tutelare le varie manifestazioni culturali che formano il bagaglio bioculturale di un luogo è essenziale per preservare anche la biodiversità locale», afferma Sofia Belardinelli, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e coautrice dello studio