spazio
Comunicazioni

La mitigazione dei detriti spaziali: il ruolo di Unipd

14.12.2021

Il problema dell’aumento dei detriti orbitali sta diventando critico per la sostenibilità a lungo termine dell’ambiante spaziale circumterrestre. 

Attualmente orbitano intorno alla terra circa 35000 detriti con dimensione superiore ai 10 centimetri di cui circa 28000 sono “catalogati” e tracciati giornalmente da terra dallo US Space Control (ex NORAD). Di questi meno di 3500 sono satelliti funzionanti; rimanenti, invece, sono satelliti inutilizzati, vecchi stadi alti di missili e pezzi vari che il missile lascia in orbita prima di “consegnare” un satellite o più satelliti nell’orbita desiderata.  Si stima inoltre che vi sia un milione di detriti con dimensioni fra 1 cm e 10 cm, non tracciabili. Ognuno di questi detriti, anche se di pochi centimetri, ha energia cinetica sufficiente per mettere fuori uso a causa di un impatto un satellite e quindi deteriorare funzioni essenziali per l’umanità come le telecomunicazioni, l’osservazione della terra, la navigazione, le previsioni del tempo, ecc.

Secondo i modelli analizzati, è essenziale rimuovere o evitare di lasciare a lungo in orbita i detriti grossi perché questi sono quelli che creano un maggiore numero di frammenti dopo un impatto in orbita. Una soluzione più immediata, per altro richiesta nelle “Linee guida” dalle Nazioni Unite, accettate dalle maggiori agenzie spaziali è quella di non lasciare i satelliti o anche gli stadi alti dei missili in orbita per un tempo più lungo di 25 anni. Il problema è che deorbitare un satellite o uno stadio usando la presente tecnologia richiede il consumo di una quantità notevole di propellente chimico ed il propellente ha un valore enorme per la durata operativa del satellite e/o la capacità di lancio del missile (…non ci sono stazioni di rifornimento in orbita!)

Una soluzione è quella di creare dei sistemi ausiliari di deorbitazione che non consumino propellente o che ne consumino molto poco ed in grado di deorbitare il satellite o lo stadio in un periodo relativamente breve in modo da ridurre drasticamente il rischio d’impatto con altri oggetti orbitanti.

L’Università di Padova ha avuto un ruolo storico nello sviluppo dei sistemi satellitari a filo tramite il professor Giuseppe Colombo che insieme a Mario Grossi dello Smithsonian Astrophysical Obsevatory di Cambridge (Massachusetts, USA) avevano proposto negli anni 70 vari utilizzi dei sistemi a filo fra cui quelli della propulsione elettrodinamica che per l’appunto non necessita di propellente chimico per produrre la spinta necessaria per modificare l’altezza orbitale.

L'Ateneo continua a svolgere un ruolo importante in questa crescita tecnologica partecipando a due progetti finanziati dalla Commissione Europea: il progetto BETs del programma FP7 (https://cordis.europa.eu/ project/id/262972/news/it)  e ora il progetto E.T.PACK del programma H2020 FET-OPEN (Future & Emerging Technologies). Il progetto E.T.PACK (https://etpack.eu/) coordinato dall’ Universidad Carlos III de Madrid, ha come partner l’Università di Padova, la Technical University of Dresden, il tedesco Fraunhöfer Institute – IKTS e le ditte spagnole SENER Aeroespacial e Advanced Thermal Devices.

«Il progetto riguarda lo sviluppo e costruzione di un prototipo avanzato di dimensioni di 12 Unità (12U Cubesat) con dimensioni 22cm x 22cm x 34cm e del programma di test a terra per verificarne la futura funzionalità in orbita – spiega Enrico Lorenzini docente del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova e coordinatore del gruppo di ricerca padovano -. Il ruolo del gruppo di ricerca dell’ Ateneo Padovano e in particolare del CISAS-UniPD è prioritario nel progetto in quanto i nostri ricercatori sono responsabili di una delle parti più delicate del Cubesat, ovvero il “deployer” (lo svolgitore) che dovrà dispiegare in orbita i 500 metri del sottile nastro conduttore seguendo un preciso profilo di velocità e senza danneggiare il delicato nastro.»

Recentemente il gruppo di ricerca a cui hanno contribuito in modo essenziale Andrea Valmorbida, Giulia Sarego, Alice Brunello, Lorenzo Olivieri, Giacomo Colombatti ed i proff. Carlo Bettanini e Marco Pertile hanno effettuato con successo i test funzionali di svolgimento del nastro conduttore e presentato i risultati il 10 dicembre alla Commissione Europea ricevendo un giudizio molto positivo dagli esperti per i risultati ottenuti (il progetto E.T.PACK figura al primo posto nei “Featured Projects” mostrati nel sito web dello European Innovation Council  https://eic.ec.europa.eu/index_en).

L’ulteriore programma di sviluppo prevede, tramite nuovi finanziamenti per i quali il team ha già presentato una proposta al programma Horizon Europe, un volo dimostrativo del sistema di deorbiting (In-Orbit Demonstration) nel 2025. Dopo le necessarie modifiche da apportare all’attuale prototipo per portarlo alla qualifica finale per il volo orbitale, il team di E.T.PACK è ansioso di vedere dimostrate  in orbita le prestazioni di questo sistema molto innovativo in cui le basi sono state poste dalle idee pionieristiche di Mario Grossi e Giuseppe Colombo.