cellule
Comunicazioni

Glutammina e aspartato sostengono la proliferazione del tumore

19.05.2022

Quali processi metabolici inibire per bloccare la crescita tumorale? A questa domanda ha dato risposta il gruppo di ricerca guidato da Massimo Santoro del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova nell’articolo dal titolo “Aspartate metabolism in endothelial cells activates the mTORC1 pathway to initiate translation during angiogenesis”. Lo studio, pubblicato sulla rivista Developmental Cell, mostra che le cellule endoteliali utilizzano specificamente le trasformazioni chimiche degli aminoacidi glutammina e aspartato per sostenere la crescita del tumore.

L’angiogenesi, ossia la formazione di nuovi vasi sanguigni a opera delle cellule endoteliali (il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni e del cuore) è un processo biologico complesso, con un ruolo chiave in molti processi biologici. È indispensabile in stati fisiologici, quali la normale crescita del tessuto, lo sviluppo embrionale, la cicatrizzazione delle ferite e il ciclo mestruale. Ha anche un ruolo non sempre favorevole in processi patologici come il cancro.

Nello studio è descritto un nuovo meccanismo molecolare con cui le cellule endoteliali sintetizzano proteine determinanti alla proliferazione delle cellule endoteliali stesse. Esempi di tali proteine sono i recettori di membrana per il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor). Il meccanismo sembra inoltre coinvolto anche nella sintesi di nucleotidi, gli elementi costitutivi del DNA, fondamentali perché possa avvenire la divisione delle cellule.

Da esperimenti con topi di laboratorio è inoltre emerso che inibendo questi processi metabolici e molecolari si può bloccare l’angiogenesi tumorale e quindi la crescita della massa tumorale.

I risultati ottenuti potranno forse aiutare a comprendere come superare la resistenza alla terapia anti-VEGF, un trattamento antitumorale. I farmaci anti-VEGF servono a impedire la formazione di nuovi vasi sanguigni e sono quindi impiegati per trattare diverse patologie caratterizzate dall’eccesso di vasi sanguigni, come maculopatie, trombosi venose, arteriose retiniche e alcuni tumori. La terapia anti-VEGF è, a oggi, l’unica utilizzata nel trattamento dell’angiogenesi tumorale. I risultati tuttavia sono finora scarsi a causa di fenomeni di resistenza che provocano recidive del tumore insensibili ai farmaci stessi.

«La ricerca ha portato alla luce un’altra prospettiva di ricerca importante. Da un lato potremmo inibire il processo di angiogenesi quando la malattia stimola una formazione eccessiva di vasi. Dall’altro lato potremmo attivare l’angiogenesi quando nella malattia la formazione di vasi è invece inibita o troppo limitata. In futuro, quindi – conclude professor Massimo Santoro – l’attivazione dei processi metabolici identificati potrà forse permettere di recuperare la capacità angiogenica quando è interrotta, come in patologie ischemiche e neurodegenerative. Dovrebbe diventare così possibile ripristinare la funzione fisiologica di formazione di nuovi vasi sanguigni necessaria a riparare il danno tissutale».