cervello
Comunicazioni

Alzheimer, una ricerca aiuta a scoprire chi svilupperà la malattia

13.12.2021

Uno studio potrebbe individuare un trattamento efficace, ma anche a mettere a punto a costi accessibili, metodologie per la diagnosi precoce dell'Alzheimer. È questo il risultato del lavoro di ricerca realizzato da un team internazionale a cui hanno preso parte ricercatori e ricercatrici dell’Azienda Ospedale/Università di Padova, in collaborazione con l’IRCCS San Raffaele di Roma, l’Università of Eastern Finland di Kuopio, l’IRCCS Neuromed di Pozzilli, l’Università la Sapienza di Roma ed il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico.

Lo studioTMS-EEG Biomarkers of Amnestic Mild Cognitive Impairment Due to Alzheimer’s Disease: A Proof-of-Concept Six Years Prospective Study è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista «Frontiers of Aging Neuroscience».

«In questo studio sono stati valutati un gruppo di soggetti anziani sani di controllo ed un gruppo di 17 persone che riferiscono la comparsa di un lieve disturbo cognitivo non chiaramente patologico (il cosidetto Mild Cognitive Impairment) - spiega Florinda Ferreri docente del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova -. L’intento era quello di capire se fosse possibile identificare in una fase estremamente iniziale coloro che sono a rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer da coloro che non lo faranno. È stato dimostrato come, utilizzando una nuova tecnica non invasiva ed a basso costo, basata sulla combinazione tra stimolazione magnetica transcranica (TMS) ed elettroencefalogramma (EEG), sia possibile individuare dei segni distintivi di funzionamento cerebrale che identificano i soggetti con MCI che rimarranno stabili nel tempo rispetto a quelli che nel giro di pochi anni svilupperanno una demenza di Alzheimer conclamata. Con questa tecnica è infatti possibile studiare con estrema accuratezza le difficoltà di trasmissione dell’impulso elettrico cerebrale che in una fase precoce di malattia sono causate da piccolissimi danni che progressivamente si accumulano nel cervello dei malati e che neanche indagini strumentali molto sofisticate sono in grado di rilevare.»

Questo risultato, una volta confermato su più larga scala, acquisisce un significato fondamentale alla luce della recente approvazione da parte della FDA del primo farmaco in grado di modificare la storia naturale della demenza di Alzheimer, arrestandone i danni cerebrali purché assunto nelle fasi iniziali di malattia.

Più di seicentomila persone in Italia, infatti, sono affette dalla malattia di Alzheimer. Questo numero supera i trenta milioni nel mondo. Complice l’allungamento della vita media, questa malattia - che rappresenta la più comune causa di demenza ed è caratterizzata da una progressiva erosione delle diverse forme di memoria in cui il cervello organizza le informazioni - sta diventando un importante problema sanitario globale.