
Dna: il ruolo della quadrupla elica nell’espressione dei geni
24.06.2021
Un team di ricerca dell’Università di Padova, coordinato dalla professoressa Sara Richter, in collaborazione ricercatrici e ricercatori dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco coordinati dal professor Gunnar Schotta, hanno dimostrato l’importanza di strutture non canoniche del DNA nel mantenere l’identità della cellula.
Il DNA è generalmente conosciuto nella sua caratteristica rappresentazione a doppia elica, quella individuata nel 1953 da Watson e Crick. Meno noto è invece che in alcune occasioni il DNA può assumere delle configurazioni alternative. Una di queste è il ripiegamento a quadrupla elica, detto G-quadruplex.
Lo studio Promoter G-quadruplexes and transcription factors cooperate to shape the cell type-specific transcriptome, pubblicato su «Nature Communications», mediante l’analisi comparativa di cellule della pelle (cheratinociti) e cellule di un tumore raro (liposarcoma), ha dimostrato come le strutture G-quadruplex del DNA siano inequivocabilmente associate all’espressione dei geni. Gli stessi geni, presenti in entrambi i tipi cellulari, sono espressi solo nelle cellule dove il promotore del gene si ripiega assumendo la forma di G-quadruplex. Ma, più nello specifico, come fanno queste regioni ripiegate del DNA ad attivare i geni?
«Abbiamo dimostrato come le strutture G-quadruplex nei promotori costituiscano un segnale che attira i fattori di trascrizione e che quindi dà il via all’espressione dei geni– dice la dott.ssa Sara Lago, primo autore della ricerca -. Fino ad oggi si pensava che le strutture G-quadruplex facessero il contrario, cioè che costituissero un ostacolo per l'espressione dei geni. Il nostro lavoro dimostra invece come queste strutture siano associate ai geni maggiormente espressi nella cellula, della quale quindi ne determinano l’identità.»
Questo studio apre quindi nuove e specifiche prospettive di intervento terapeutico per agire sulla regolazione della cellula. Le strutture G-quadruplex sono infatti particolarmente presenti in geni coinvolti nella formazione dei tumori e sono stati descritti dal gruppo della professoressa Richter anche nella maggior parte dei virus.
Le possibili applicazioni di questa scoperta riguardano quindi l’ampio spettro di patologie umane che va dalle patologie tumorali a quelle infettive.