Alluvione della Romagna nel 2023
Comunicazioni

Unipd: il principio di invarianza climatica dev'essere applicato

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14.05.2025

A due anni dall'alluvione che ha colpito la Romagna tra il 15 e il 18 maggio 2023, causando numerose vittime, con danni stimati in 8,5 miliardi di euro e quasi 70.000 frane, è evidente la necessità di un approccio sistematico per ridurre il rischio idrologico e idraulico. Questo disastro, il peggiore in Italia dopo quello del Polesine nel 1951, ha messo in luce le vulnerabilità del territorio, come evidenziato dalle analisi tecniche del Centro Studi sugli Impatti dei Cambiamenti Climatici (CRITICAL) dell'Università di Padova.
Finanziato dal Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza, il partenariato RETURN ha sottolineato come il cambiamento climatico, già in atto, stia aumentando l'intensità degli eventi estremi.

Le osservazioni storiche delle precipitazioni, come quelle di Padova che risalgono al 1725, mostrano che l'intensità delle piogge estreme è cresciuta del 20% dalla metà del '900. Le infrastrutture esistenti sono quindi inadeguate al clima attuale e i cambiamenti climatici potrebbero peggiorare la situazione. Nei bacini colpiti dall'alluvione del 2023, le precipitazioni estreme potrebbero aumentare tra il 30% e il 50% entro la fine del secolo, rendendo questi eventi più frequenti.

Marco Marani, direttore del CRITICAL e docente dell'Università di Padova, sottolinea la necessità di agire rapidamente per evitare ulteriori perdite umane ed economiche. È fondamentale evitare di costruire in aree a rischio e considerare il cambiamento climatico nella pianificazione. L'adozione di un principio di invarianza climatica è cruciale: ogni intervento sul territorio deve garantire che il rischio futuro non sia superiore a quello del 1900.

È necessario adottare un principio di invarianza climatica: ogni volta che si interviene sul territorio, le variazioni apportate – siano esse la costruzione o il riassetto di centri urbani o industriali o di infrastrutture come arginature, ponti, strade o ferrovie – devono assicurare che il rischio al quale saranno soggette di qui al 2100 sia almeno uguale, o inferiore, a quello che le colpiva all’inizio del 1900.
Solo in questo modo sarà possibile sistematicamente adeguare il nostro territorio a un rischio che diventerà presto insostenibile.

"Abbiamo le conoscenze tecniche per supportare pianificatori e progettisti, e possiamo dunque scegliere se subire o gestire il cambiamento climatico", afferma Marco Marani, ma serve un'azione politica e individuale più rapida per affrontare questa sfida: "Dobbiamo cogliere il segnale che ci ha lanciato, tra gli altri, l’evento romagnolo. Ci stiamo muovendo troppo lentamente per fronteggiare il cambiamento climatico: serve un’azione politica e individuale che acceleri il processo di adattamento».