
Storie di quelli che non sono tornati
27.01.2025
Nel 1938, il censimento di Padova segna la presenza di 761 ebrei, di cui 706 risiedono in città, su una popolazione complessiva di circa 140.000 abitanti. Nel 1939, il numero scende a 578 ebrei in tutta la provincia, di cui 556 in città. Le vittime padovane della Shoah saranno 47.
Oggi, le "pietre di inciampo" sono una testimonianza della memoria storica, sparse per le strade di Padova. Questi sanpietrini di ottone, creati dall'artista tedesco Gunter Demnig, commemorano le vittime della "soluzione finale" nazista, ricordando ogni singola persona deportata.
Il libro "Le pietre di inciampo a Padova", scritto da Mariarosa Davi e Giulia Simone, ed edito da Padova University Press, che viene presentato il 4 febbraio alle 17.00 a Palazzo Bo, a Padova, racconta la storia di trentadue adulti e due bambini, vissuti, almeno per qualche tempo, nella città di Padova e deportati durante la persecuzione fascista e nazista. Erano tutti di religione o ascendenza ebraica, eccetto uno che, cristiano, li difese. Ogni biografia è accompagnata da una foto (se disponibile), dalla descrizione della pietra di inciampo dedicata e da una mappa che ne indica la posizione.
Nel libro emergono storie di persone legate all'università, come Nora Finzi, che nonostante le discriminazioni razziali riuscì a laurearsi con un punteggio di 108/110, ma fu deportata ad Auschwitz nel 1944, dove morì. Oppure quella di Giorgio Arany, uno studente ungherese che completò gli studi a Padova e fu poi arrestato e deportato ad Auschwitz, dove perse la vita nel 1944. Ci sono anche storie come quella di Augusto Levi, fisico che, dopo l'introduzione delle leggi razziali, perse il suo incarico all'università, ma continuò a insegnare nelle scuole ebraiche, fino alla sua deportazione insieme alla famiglia nel 1944.
Questo lavoro si inserisce in un progetto di recupero della memoria storica, grazie alla collaborazione tra la Fondazione Museo della Padova Ebraica e il Comune di Padova. Iniziative fondamentali del progetto sono, da un lato, la creazione di una banca dati sugli ebrei che hanno studiato o insegnato all'Università di Padova, molti dei quali furono espulsi a causa delle leggi razziali. «Dall'altro i “Viaggi della Memoria”» spiega Giulia Simone una delle autrici del libro « in cui ho il piacere di accompagnare gruppi di studenti e studentesse scelte dal loro istituto ripercorrendo le tappe vissute dalle vittime: Trieste e Risiera di San Sabba, Budapest sulle orme di Giorgio Perlasca, ma con un momento di raccoglimento anche alla Sinagoga e al “Monumento delle scarpe” per ricordare le vittime ungheresi, Auschwitz-Birkenau, dove la maggior parte di uomini e donne ricordati nel volume trovano la morte, Vienna a ricordo dell’integrazione delle comunità ebraiche in Europa, prima dell’avvento dei totalitarismi fascista e nazista. Prima di partire i gruppi “adottano” una pietra di inciampo, un nome, una storia, ne studiano la biografia e al loro ritorno diventano testimoni della memoria, restituendo la loro esperienza ai compagni».
«L’Università di Padova ormai rivendica, accanto ai propri eroi, la memoria di quei martiri per i quali è stata, insieme, luogo di studio e di riflessione, luogo di riconoscimento e, anche, di persecuzione. Luogo di vita, insomma e, oggi, di riscatto» sottolinea Marta Nezzo, Direttrice del Centro per la storia dell’Università di Padova, ricordando le pietre di inciampo davanti l’ingresso del Bo. «Ecco perché, accanto al nome, ciascuna pietra indica un ruolo accademico o studentesco: evocando il vissuto, rimarca il portato di responsabilità morale e civile che istruzione e ricerca sottendono. Perché il sapere è funzione dell’essere, né mai potrà dirsi il contrario».