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Ricerca Unipd: la pratica musicale è associata a cambiamenti nei meccanismi percettivi

17.04.2024

Studiare musica può influenzare lo sviluppo di determinate abilità cognitive quali, ad esempio, capacità linguistiche, spaziali e matematiche: la ricerca del dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova, in passato, aveva documentato come una prolungata esperienza nel mondo della musica influenzasse anche la percezione di una illusione ottica, rendendo più accurata l’analisi del materiale visivo rispetto a persone che non praticano una prassi strumentale.

Nel nuovo studio condotto da Alessandra Pecunioso, Andrea Spoto e Christian Agrillo del dipartimento di Psicologia generale dell’Ateneo, dal titolo Investigating acoustic numerosity illusions in professional musicians e pubblicato sulla rivista «Psychonomic Bulletin & Review», l’indagine è stata estesa a una categoria illusoria poco indagata in ambito percettivo: le cosiddette “illusioni acustiche”, cioè raggruppamenti di suoni che sembrano differenti per determinate caratteristiche rispetto alla reale stimolazione fisica.

I ricercatori e le ricercatrici hanno chiesto alle persone partecipanti allo studio di stimare il numero di note di un pianoforte in una serie di audio composti da suoni di pianoforte e trombone.
In alcuni file era stato generato il corrispettivo di due illusioni visive di numerosità, composte cioè dalla stessa quantità di puntini bianchi e neri in cui questi ultimi sono disposti in modo da sembrare in numero maggiore dei primi. Queste due illusioni prendono il nome di Solitaire illusion e Regular-Random Numerosity Illusion (RRNI): la prima è la tendenza a sovrastimare il numero degli elementi quando questi formano un unico raggruppamento e, al contrario, a sottostimarli quando gli stessi elementi sono presentati in piccoli gruppetti. La seconda, la RRNI, è la tendenza a sovrastimare gli elementi che sono raggruppati in maniera ordinata rispetto a quando gli stessi sono posizionati in modo casuale.
La ricerca ha coinvolto 20 musicisti con almeno 13 anni di esperienza musicale, la maggior parte di questi provenienti dal Conservatorio Pollini di Padova, e un gruppo di controllo di 20 non musicisti. Per la prima illusione (Solitaire illusion) non sono emerse differenze significative tra i due gruppi.

«Quando abbiamo analizzato l’effetto RRNI – spiega Christian Agrillo, autore dello studio – abbiamo osservato che i musicisti erano meno suscettibili al fenomeno illusorio, essendo meno influenzati dalla disposizione (ordinata o casuale) dei suoni e più precisi nello stimare il numero di note di pianoforte».

«Questo studio rappresenta una delle poche indagini sperimentali su illusioni acustiche di numerosità, nonché l’unico ad avere individuato una differenza nella prestazione tra musicisti e non musicisti in presenza di una illusione sensoriale non-visiva» dice Alessandra Pecunioso, corresponding author del lavoro.

«Sul piano dei risultati, uno degli aspetti certamente più interessanti che potrà stimolare ulteriori ricerche nell’ambito, è che solo per una delle due illusioni si osserva un “vantaggio” per i musicisti» conclude l’autore Andrea Spoto.
La pratica musicale, quindi, sembra essere associata a cambiamenti nei meccanismi percettivi rendendo i musicisti più precisi e diversamente sensibili alle illusioni sensoriali, siano esse visive o acustiche.