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Comunicazioni

“Psico-pandemia” da lockdown, quali effetti e quali fattori di rischio?

28.01.2021

È stato definito ‘psico-pandemia’ il fenomeno che identifica lo stress collettivo a cui il lockdown e le misure di contenimento del contagio da COVID-19 hanno sottoposto la popolazione intera impattando in modo importante sul benessere psichico a livello globale.
Tuttavia, nessuno fino a oggi aveva ancora indagato gli effetti del lockdown sul funzionamento cognitivo, in particolare sulle proprie abilità mentali – come memoria, attenzione, concentrazione – nella vita quotidiana. A farlo è stato un team di ricerca dell’Università di Padova che ha lavorato in collaborazione con l’IRCCS Santa Lucia di Roma che ha pubblicato le proprie ricerche nello studio Cognitive and mental health changes and their vulnerability factors related to COVID-19 lockdown in Italy, appena pubblicato nella rivista «PLOSONE».

La ricerca ha voluto rispondere ad alcuni quesiti.
Il lockdown e le relative misure restrittive hanno avuto un impatto sul funzionamento cognitivo e sulla salute mentale della popolazione in Italia?
«Durante la fase finale del primo lockdown in Italia (dal 29 aprile al 17 maggio 2020) hanno partecipato all’indagine online 1215 individui ed è emerso come il lockdown abbia avuto un significativo impatto sul funzionamento cognitivo percepito, oltre che sul benessere psicologico – spiega Giorgia Cona, coordinatrice della ricerca, del Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova e del Padua Neuroscience Center -. Durante il periodo di restrizioni ed isolamento le persone lamentavano maggiori difficoltà cognitive in attività della vita quotidiana che richiedevano attenzione/concentrazione, orientamento temporale e funzioni esecutive (come multi-tasking, pianificazione e gestione delle attività in casa). Abbiamo invece osservato un miglioramento della memoria. Sono state infatti riferite meno dimenticanze durante il lockdown, probabilmente a seguito della riduzione degli impegni ed una quotidianità meno frenetica. Si è riscontrato inoltre un incremento nella severità e prevalenza di depressione, disturbi d’ansia e del sonno, ma anche alterazioni nell’appetito, libido e ansia per la salute: il 36% ha riportato sintomi ansiosi e il 32% sintomi depressivi durante il lockdown.»

Vi sono dei fattori di rischio che ci permettono di individuare i gruppi più vulnerabili?
«Le donne, i giovani (età inferiore ai 45 anni), gli individui disoccupati o chi lavorava da casa sono stati identificati come i gruppi di popolazione che più hanno risentito di questo peggioramento nelle abilità cognitive e nella salute mentale – dice Eleonora Fiorenzato, del Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova e primo autore dello studio -. Inoltre, l’eccessiva esposizione ai mass-media per la ricerca di news relative al COVID-19 (‘infodemia’) o essere residenti in zone con altro tasso di contagio sono risultati fattori di rischio per disturbi depressivi e di tipo ansioso, anche con aspetti ipocondriaci. È interessante notare come le difficoltà cognitive correlassero con i disturbi psicologici: maggiore era il disagio psicologico esperito, peggiori erano le abilità cognitive percepite.»

Se le misure restrittive per contrastare l’epidemia dovessero essere ulteriormente inasprite, le politiche socio-sanitarie dovrebbero considerare con particolare riguardo questi gruppi più vulnerabili nelle loro decisioni, per sviluppare delle risposte efficaci e stabili alle problematiche cognitive e psicologiche associate a questa pandemia. Questi dati serviranno inoltre ad implementare interventi mirati di supporto psicologico e a definire specifiche linee guida per il problema emergente legato all’infodemia da COVID-19.