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Nuovo strumento misura la dose di radiazione rilasciate su cellule tumorali

24.02.2023

Il progetto di ricerca FIRE, che ha riunito ricercatrici e ricercatori di INFN, CNR e delle Università di Bologna, Napoli, Roma Tre, Padova e Trento, ha sviluppato un rivelatore di protoni flessibile ed economico che potrà massimizzare gli effetti delle terapie radioterapiche monitorando con precisione le dosi di radiazione rilasciate su cellule tumorali

I risultati della sperimentazione sono pubblicati sulla serie NPJ Flexible Electronics della rivista Nature.

Se anche futuri trial clinici condotti su pazienti dovessero dare esito positivo, il dosimetro, realizzato interamente con materiale organico, consentirà di misurare in tempo reale la quantità di radiazioni rilasciata sulle cellule tumorali dai fasci di protoni impiegati in radioterapia, massimizzando l’effetto e riducendo eventuali effetti indesiderati delle terapie. 

In caso di tumori al retto o alla prostata la radioterapia con fasci di fotoni o di particelle cariche di alta energia viene cdi solito utilizzata con la chemioterapia, prima e a volte anche dopo l'intervento chirurgico, con grande efficacia. In particolare, nel caso della protonterapia, un fascio di protoni viene indirizzato sul tumore con lo scopo di danneggiare il DNA delle cellule tumorali impedendone la replicazione. Un aspetto cruciale dei piani di terapia è il controllo della dose della radiazione utilizzata, che deve essere sufficiente a distruggere le cellule tumorali, ma non così elevata da danneggiare i tessuti sani vicini alla regione trattata. È perciò di fondamentale importanza monitorare la quantità di protoni somministrata al paziente in tempo reale. 

Grazie alle sue dimensioni ridotte e alla sua flessibilità, che ne rendono estremamente semplice l’applicazione su ogni parte del corpo, il rivelatore di protoni FIRE potrà essere utilizzato in ambiti diversi, dalla medicina fino alle applicazioni spaziali.

“Tutti gli elementi che compongono il dispositivo, i semiconduttori organici, i polimeri e i contatti elettrici, devono rimanere stabili nel tempo e non degradarsi durante l’irraggiamento, un requisito assai stringente per molti materiali inorganici comunemente utilizzati per realizzare dispositivi elettronici”, aggiunge Sara Maria Carturan, docente dell’Università di Padova e ricercatrice INFN, coordinatrice dell’attività di sintesi e sviluppo dello scintillatore elastomerico, presso i Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN. “I rivelatori proposti mantengono le funzionalità inalterate sotto fasci di protoni ad alta energia grazie all’utilizzo di materiali ibridi organico/inorganico con caratteristiche chimiche e fisiche modificabili in funzione del loro utilizzo”.