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Comunicazioni

Un nuovo protocollo sperimentale per capire i meccanismi delle trombosi

08.04.2021

Mapping specificity, cleavage entropy, allosteric changes and substrates of blood proteases in a high-throughput screen è il titolo dello studio realizzato in collaborazione tra il laboratorio di Quantitative Proteomics del Prof. Ruedi Aebersold (ETH, Zurigo, Svizzera) e il laboratorio di Chimica delle Proteine e di Ematologia Molecolare del Prof. Vincenzo De Filippis (Università di Padova), attraverso il quale è stato realizzato un nuovo protocollo sperimentale per capire i meccanismi delle trombosi.

La ricerca, pubblicata dalla rivista «Nature Communication», è il primo passo per la progettazione e sintesi di nuovi inibitori di proteasi con potenziali applicazioni farmacologiche in numerose delle patologie, tra le quali la trombosi. In un futuro prossimo basterà un’analisi del sangue o un prelievo di saliva per avere, attraverso un unico test, il profilo delle proteasi e sapere se tutte lavorano correttamente o se una o più hanno un’attività anomala che può causare la malattia.

I meccanismi biochimici che determinano la coagulazione fisiologica del sangue hanno lo scopo di impedire la perdita di sangue dal torrente circolatorio che può avvenire in seguito al danneggiamento di un vaso (arteria o vena) causato, ad esempio, da un trauma. Si forma quindi un coagulo costituito principalmente da fibrina e piastrine che va a “tappare” momentaneamente il vaso danneggiato. Successivamente si innescano altri processi che determinano la riparazione finale del danno vascolare. Per motivi ancora non ben conosciuti, è possibile che si generi un coagulo anche quando non c’è stata una lesione del vaso tale da determinare la perdita di sangue. In queste condizioni, la formazione di un coagulo patologico (trombosi) può ostruire il vaso ed impedire che il tessuto “a valle” del coagulo venga adeguatamente nutrito, determinando così l’insorgenza di malattie trombotiche come l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. 
Sia in condizioni fisiologiche che patologiche, la formazione del coagulo non è di così facile generazione: prevede infatti il coinvolgimento sequenziale (come una cascata di eventi) di circa venti proteine e proteasi, cioè di enzimi capaci di “tagliare” altre proteine che sono dette substrati. Dopo essere state tagliate, queste proteine, a loro volta, diventano attive come proteasi e vanno a tagliare, attivandole, altre proteine, fino a generare il coagulo. Si ha quindi una sequenza di eventi, che prende il nome di “cascata coagulativa”.

In questo lavoro è stato sviluppato un nuovo protocollo sperimentale per la caratterizzazione della specificità di substrato delle proteasi della cascata coagulativa, cioè l’identificazione delle sequenze specifiche di amminoacidi che vengono “tagliate” dalle varie proteasi coinvolte nel processo della coagulazione ematica.

Nello specifico, lo studio si è focalizzato sulla caratterizzazione di una decina di proteasi della cascata della coagulazione che in condizioni diverse hanno generato più di 100.000 frammenti unici. Lo sviluppo di tale approccio è essenziale per meglio comprendere i meccanismi delle malattie trombotiche, nell’ottica dello sviluppo di nuovi trattamenti farmacologici, dove tali patologie ad oggi rappresentano la maggiore causa di morte e di ricovero ospedaliero nel mondo industrializzato. 

Inoltre, l’identificazione di substrati può rappresentare il primo passo per la progettazione e sintesi di nuovi inibitori di proteasi, con potenziali applicazioni farmacologiche in numerose delle patologie sopra riportate. La novità dell’approccio consiste nella possibilità di utilizzare tecniche avanzate di spettrometria di massa per identificare in poche ore, non uno ma migliaia di substrati per ogni proteasi in studio. 

«In quest’ottica - spiega Vincenzo De Filippis - un giorno potremo sottoporci ad un’analisi del sangue o ad un prelievo di saliva per avere, attraverso un unico test, il profilo delle proteasi e sapere se tutte lavorano correttamente o se una o più hanno un’attività anomala, che può causare la malattia. Questo profilo sarà fondamentale per identificare in anticipo dei fattori di rischio per patologie gravi (es: malattie trombotiche) e offrire la migliore cura disponibile per ciascun paziente, con un approccio di terapia personalizzata».