
Nulla è come sembra
18.07.2025
«A partire dal 2020, ho avviato la ricerca artistica Nulla È Come Sembra, un progetto che indaga la trasformazione percettiva attraverso opere su tela arricchite da elementi cartacei in rilievo. Leggeri, opachi, e capaci di interagire con la luce, questi inserti generano un'esperienza visiva mutevole, dove ciò che si vede dipende dal punto di osservazione e dalle condizioni ambientali. L’invito è chiaro: abbandonare lo sguardo passivo per esplorare l’opera in modo attivo e dinamico - dice l'artista, Anna Piratti -. Grazie all’impiego di un sistema di motion capture sviluppato dal Centro di sonologia Ccomputazionale, lo spettatore viene coinvolto in un’interazione delicata e su misura: la sola presenza fisica modifica l’esperienza dell’opera, attivando reazioni visive e sonore. Ho utilizzato una tarlatana, un tipo di garza leggera di cotone a trama larga, che si presenta inamidata e viene di solito utilizzata nella fase di inchiostratura della lastra. Anche qui, c’è l’idea che un umile supporto nato per pulire la lastra dall'inchiostro in eccesso senza asportare quello che è penetrato nei segni incisi, diventi altro. Cerco - continua Anna Piratti - connessioni tra le discipline e chi le pratica, sotto un unico registro poetico in cui scienza, tecnologia e spazialità si intrecciano. In questo caso il dialogo con la tecnologia diventa il mezzo per rendere visibili alcuni tratti di quella relazione profonda che, in modo misterioso, lega sempre chi guarda all’opera, e viceversa».
È stato presentata il 17 luglio, a Palazzo Papafava di via Marsala a Padova, Nulla È Come Sembra, un’opera capace di fondere arte visiva e tecnologia in tempo reale, frutto della collaborazione tra l'artista Anna Piratti, Sergio Canazza, direttore del Centro di sonologia computazionale del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Padova, Alessandro Fiordelmondo, CSC, e Cinzia Simioni, Di Architettura
Obiettivo della collaborazione è stato quello di mettere in scena una sintesi tra linguaggi e saperi, sperimentando come strumenti contemporanei possano dialogare con materiali antichi e carichi di memoria. Una riflessione poetica e scientifica sulla percezione e sull’invisibile, capace di aprire nuove prospettive nell’ambito della ricerca artistica contemporanea. Protagonisti sono stati una superficie di tarlatana, una garza di 220 cm di larghezza e 300 cm di lunghezza priva di telaio, che rompe la bidimensionalità instaurando un dialogo diretto con lo spazio e con il pubblico, grazie a un sistema di motion capture sviluppato dal Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova.
«L’intreccio tra arte e ingegneria dell’informazione è sempre stato al centro delle ricerche del CSC, che da sempre propone soluzioni ingegneristiche creative per problemi artistici unici, allargando in questo modo i confini sia dell'arte sia della tecnologia. È ben noto in ambito medico l’utilizzo della pletismografia, un esame medico che misura le variazioni di volume e pressione in vasi sanguigni o organi, noi con l’ausilio delle telecamere riusciamo a analizzare il flusso sanguigno e il battito del cuore della persona che si pone di fronte all’opera di Anna Piratti - sottolinea Sergio Canazza, Direttore del Centro di Sonologia Computazionale del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova e Amministratore unico di Audio Innova srl -. Una volta acquisite queste variazioni, tramite un software e dei linguaggi specifici di programmazione per la multimedialità, abbiamo usato questi parametri per influenzare le luci e un flusso d’aria posto dietro la tela per amplificare il respiro e il battito cardiaco dello spettatore che così interagisce, cambiandola, l’installazione. Mi piace lavorare con artisti che non vogliono utilizzare la tecnologia come uno strumento già pronto, ma, al contrario, spingono perché faccia parte dell'espressione artistica. In questo caso l'opera è nata dal lavoro comune di Anna Pirattti, mio e del ricercatore del Centro di Sonologia Computazionale Alessandro Fiordelmondo. Insieme abbiamo discusso sia sulla dimensione e sul numero di foglie, sul supporto, e sulla tecnologia via via utilizzabile. L’opera - conclude Canazza - deve essere vista come fusione di arte e tecnologia, l’una integra l’altra e viceversa. Il lavoro con Anna è particolarmente interessante per il CSC perché non è una semplice applicazione esemplificativa di una nuova tecnologia, ma offre nuove espressioni artistiche e sperimentazioni scientifiche basate sul dialogo continuo tra artista e ricercatori».