
L'Università di Padova celebra gli 80 anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo
28.04.2025
Si è tenuta a Palazzo della Ragione, venerdì 25 aprile, la cerimonia per celebrare gli ottant’anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Dopo l’alzabandiera nel cortile di Palazzo Moroni e la deposizione di tre corone dall’alloro in onore dei caduti, l'inizio della celebrazione è stato preceduto da un minuto di silenzio in memoria di Papa Francesco.
A seguire, i discorsi del sindaco di Padova Sergio Giordani, della rettrice dell'Università, Daniela Mapelli, della presidente dell’Associazione nazionale combattenti Forze armate regolari nella Guerra di Liberazione, Anna Vivoda.
Mapelli di fronte alle tante cittadine e ai tanti cittadini presenti, nel suo lungo discorso ha parlato di libertà e memoria, ricordando quelle donne e quegli uomini che hanno sacrificato la vita nel nome di questo alto ideale e ricordordando anche come la Resistenza 'non sia stata soltanto una stagione di sangue e sacrificio ma anche di risveglio morale, di rinascita civile, di riscoperta del pensiero critico in cui l'Ateneo di Padova ha svolto un ruolo cruciale'.
'Siamo qui, oggi, a parlare di libertà. Un valore non scontato, troppo spesso oggetto di attacco, troppo spesso messo in discussione. Se possiamo parlare di libertà lo dobbiamo al sacrificio che, ottant’anni fa, hanno fatto donne e uomini che hanno pagato duramente, spesso con la propria vita, la strenua lotta per la Liberazione. I conflitti tutt’ora in corso nel mondo ci ricordano come siamo chiamati a continuare a difendere la libertà ogni giorno, con tutte le nostre forze. Penso alla lotta per la liberazione dell’Ucraina, ad esempio, oggetto di una vile, codarda aggressione russa. Il lecito dibattito sul riarmo europeo non ci deve mai far scordare, mai, l’essenziale impegno e sostegno all’Ucraina e alla sua resistenza. Così come vorremmo sia libera la popolazione di Gaza, decimata in questi mesi da un’orribile strage. Il nostro pensiero, oggi e sempre, deve andare a tutte le vittime di guerre anacronistiche, ingiustificate, memento per tutti di come il terribile rumore delle armi non sia ancora stato messo a tacere.
Ecco perché ricordare chi ha combattuto per garantire a noi, oggi, la libertà, è per tutte e tutti noi un dovere. Più passano gli anni, più forte deve farsi la nostra voce, la nostra testimonianza. Siamo tutte e tutti chiamati alla responsabilità civile di ricordare, e tramandare, alle nuove generazioni il valore di una Resistenza che ci ha permesso di vivere in un Paese libero e democratico. Guardandoci attorno, allargando gli orizzonti, ci accorgiamo con dolore come non sia un diritto scontato.
La nostra Università è l’unico ateneo italiano insignito della medaglia d’oro al valor militare per il ruolo svolto nella Resistenza. Ragazzi e ragazze, perché questo in molti casi erano, che hanno scritto una pagina indelebile della storia del nostro Paese e del nostro ateneo che dalla sua fondazione ha la libertà come cifra fondante. Un sacrificio che ha reso vividissimo il nostro motto: universa universis patavina libertas. Chissà cosa avranno pensato, ormai quasi ottant’anni fa, quei giovani che hanno dato la loro vita per ridare a tutte e tutti quella libertas che, fino a qualche anno prima, era per loro un punto d’orgoglio dell’ateneo nel quale studiavano, non un valore da difendere con il sangue.
«Asilo secolare di scienza e di pace, ospizio glorioso e munifico di quanti da ogni parte d’Europa accorrevano ad apprendere le arti che fanno civili le genti, l’Università di Padova nell’ultimo immane conflitto seppe, prima fra tutte, tramutarsi in centro di cospirazione e di guerra; né conobbe stanchezze, né si piegò per furia di persecuzioni e di supplizi. Dalla solennità inaugurale del 9 novembre 1943, in cui la gioventù padovana urlò la sua maledizione agli oppressori e lanciò aperta la sfida, sino alla trionfale liberazione della primavera 1945, Padova ebbe nel suo Ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza e da Padova la gioventù universitaria partigiana offriva all’Italia il maggiore e più lungo tributo di sangue», questa è la motivazione con cui l’Università di Padova ha ricevuto la medaglia d’oro, il 12 novembre del 1945, quindi nell’immediatezza dei fatti, dall’allora capo del Governo Ferruccio Parri. Questa motivazione non è una semplice formula retorica: è il ritratto autentico di una comunità universitaria che non rimase in silenzio, che scelse da che parte stare, anche a rischio della propria vita. È un lascito morale e ideale che ancora oggi guida il nostro impegno nella formazione delle nuove generazioni. È il fondamento di quella tradizione di libertà, pensiero critico e responsabilità civile che continua a caratterizzare l’identità del nostro Ateneo.
Nel cortile nuovo di Palazzo Bo, nell’atrio degli Eroi, un monumento in pietra elenca i nomi dei 116 caduti dell’Università nella lotta al nazifascismo. Centosedici persone. Di queste, ben 107 erano studenti. Non numeri, ma volti, storie, vite giovani interrotte da un’idea più grande: quella della libertà.
Padova fu, in quegli anni, non solo una città di cultura, ma anche un centro nevralgico della Resistenza. I luoghi della memoria punteggiano ancora oggi la città, raccontano una storia dolorosa e fiera. È nostro dovere custodirli, farli parlare, portarli nelle scuole, nelle aule, nelle piazze. Voglio oggi ricordare, con commozione e rispetto, l’eccidio nazifascista del 17 agosto 1944. Quel giorno, in via Santa Lucia, in pieno centro storico, tre giovani partigiani, Flavio Busonera, Clemente Lampioni, Ettore Calderoni furono impiccati pubblicamente. Poche ore dopo, nella caserma di via Chiesanuova, altri sette partigiani furono fucilati: Primo Barbiero, Pasquale Muolo, Cataldo Pressici, Antonio Franzolin, Ferruccio Spigolon, Saturno Bandini e Luigi Pierobon.
Dieci vite spezzate in un’unica giornata, dieci nomi che oggi vivono nei toponimi della nostra città, nei monumenti, nella memoria collettiva. Ma ricordarli non basta: è necessario riportare alla luce il contesto in cui hanno scelto di agire, la consapevolezza che la libertà non è un dato acquisito, ma una conquista quotidiana.
Ma la Resistenza non fu soltanto sacrificio e sangue. Fu anche una stagione di risveglio morale, di rinascita civile, di riscoperta del pensiero critico. Fu un movimento che seppe unire operaie e operai, contadine e contadini, intellettuali, donne e uomini di ogni estrazione sociale. E nel cuore di quella stagione, l’Università di Padova svolse un ruolo cruciale. Non solo per la partecipazione attiva dei suoi membri, ma anche per la sua funzione educativa e culturale. Il sapere divenne strumento di liberazione, il pensiero critico un’arma contro la propaganda e l’oppressione.
La Medaglia d’Oro non è dunque un cimelio da esibire nei giorni di festa. È un impegno permanente. È un monito a non voltarsi mai dall’altra parte. È la nostra bussola etica. Ed è soprattutto una responsabilità verso le nuove generazioni: insegnare loro che la libertà va difesa, che la democrazia va praticata, che la conoscenza va condivisa'.
Medaglia medaglia d’oro al valor militare dell'Università di Padova
Dopo la Liberazione, l'Università di Padova ha continuato a onorare il suo impegno per la libertà e la democrazia, diventando un simbolo della lotta contro l'oppressione e per i diritti civili.
E sono tante le iniziative che, anche quest'anno, l'Ateneo ha voluto per celebrare questo importante anniversario. Tra queste, l'esposizione Lottare per la libertà, resistere a Padova. Egidio Meneghetti, l'università, la città (dal 29 aprile tra Palazzo Moroni e Palazzo del Bo) promossa dal Centro per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea e dedicata alla figura di Egidio Meneghetti, professore dell’Università di Padova e fondatore - con il latinista Concetto Marchesi e il giurista Silvio Trentin - del Comitato di liberazione nazionale regionale veneto.