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Un coccodrillo marino indigesto ai grandi predatori

06.12.2022

Una nuova scoperta arriva dallo studio di alcuni resti fossili presenti nel Museo di Geologia e paleotologia dell’Università di Padova appartenenti ad un giovane esemplare di rettile marino vissuto 150 milioni di anni fa. Dallo studio dei geologi Giovanni Serafini di Unimore e di Luca Giusberti dell’Università di Padova è emerso che il coccodrillo marino del Giurassico Superiore è stato un pasto indigesto per i grandi predatori.

Nel 1980 il geologo feltrino Danilo Giordano scoprì in provincia di Belluno, i resti scheletrici di un piccolo rettile teleosauroide (gruppo di animali marini prossimi ai coccodrilli) in una lastra di Rosso Ammonitico Veronese. Nonostante il reperto fosse esposto da alcuni anni al Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova, durante una revisione dei rettili marini del museo da parte degli autori, nel 2021, si è notato infatti che il reperto presentava diverse caratteristiche inusuali: le piccole vertebre, gli elementi del bacino e gli osteodermi (“scudi” ossei tipici dei coccodrillomorfi) dell’esemplare appaiono infatti raggruppati in un'unica massa e sono molto sovrapposti tra loro. Questa particolare conformazione è altamente improbabile che sia il risultato di processi fisici nell’ambiente in cui si è fossilizzato (un mare abbastanza profondo con un fondale non interessato da correnti) mentre invece è molto più plausibile con un’origine biologica: il reperto è infatti molto simile ad un pellet gastrico, ossia una massa di elementi scheletrici passati dal canale alimentare di un altro animale. Analisi geochimiche e microstrutturali condotte al microscopio elettronico su campioni di matrice e osso estratti dall’esemplare confermano questa ipotesi: il tessuto scheletrico si presenta microscopicamente corroso e il sedimento registra bassi livelli di fosforo persi dall’osso. Queste particolari caratteristiche indicano un attacco piuttosto rapido e limitato da parte degli acidi gastrici, aspetto che permette di identificare il reperto come una regurgitalite, una massa rigurgitata da un predatore o da uno spazzino.

Questo resto fossile rappresenta il primo teleosauroide rinvenuto in una regurgitalite
La testimonianza è quindi di grande interesse, in quanto documenta un’interazione trofica estremamente rara in ambiente marino. Il predatore che può essersi nutrito del piccolo teleosauroide per poi rigurgitarlo non è facilmente identificabile: può essere stato un pliosauro, un ittiosauro, uno squalo oppure un’altra categoria di “coccodrilli” marini tipica dei mari giurassici, i metriorinchidi.

Apparentemente sembrerebbe un insignificante mucchietto di ossa fossili conservato da 40 anni al Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova, invece grazie al nostro studio ha svelato un “segreto” avvenuto nei mari giurassici di 150 milioni di anni fa. Il fossile è stato interpretato come regurgitalite – dice Luca Giusberti del Dipartimento di Geoscienze dell’Ateneo patavino –. Le ossa della vittima che costituiscono tale rigurgito appartengono ad un esemplare giovanile di Aeolodontinae, un coccodrillo marino particolarmente adattato alla vita in mare aperto, segnalato per la prima volta in Italia. Il reperto sarà prossimamente esposto nel Museo della Natura e dell'Uomo dell’Università di Padova di prossima apertura a Palazzo Cavalli”.

Lo studio, frutto di una collaborazione con l’Università di Pavia, il National Museum of Scotland e l’Università di Yale, è stato pubblicato su «Papers in Palaeontology» in un articolo dal titolo “Tough to digest: first record of Teleosauroidea (Thalattosuchia) in a regurgitalite from the Upper Jurassic of north-eastern Italy”.