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Un team di ricercatori dell'Università di Padova, guidato da Gianmarco Del Piccolo e Manuele Faccenda, ha sviluppato un modello strutturale della crosta terrestre sotto l'Etna, utilizzando un innovativo metodo di tomografia sismica basato su oltre 37.000 segnali sismici raccolti tra il 2006 e il 2016.
Sotto la superficie del Monte Etna, il vulcano più grande e attivo d'Europa, si trova un magma in costante movimento che occasionalmente trova vie di fuga verso la superficie, provocando eruzioni spettacolari. La sismologia, che studia le onde sismiche nel sottosuolo, è essenziale per comprendere questi fenomeni.
Il metodo utilizzato dai ricercatori del Dipartimento di Geoscienze dell'Ateneo patavino ha permesso di mappare l'orientamento delle fratture e di stimare lo stato di stress in profondità con un dettaglio senza precedenti. Non solo: la tecnica utilizzata, grazie a una sofisticata analisi statistica, ha permesso anche di valutare il grado di incertezza dei risultati, rendendo le interpretazioni più affidabili.
«Lo stato di stress influenza una grande varietà di fenomeni geofisici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche, ma rimane al tempo stesso una grande incognita in molti ambienti crostali. Lo studio pubblicato apre la strada alla possibilità di invertire dati sismici per produrre ricostruzioni tomografiche delle proprietà del campo di stress» commenta Gianmarco Del Piccolo, corresponding author della ricerca e dottorando al Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.

Lo studio, pubblicato su «Communications Earth & Environment», ha rivelato l'esistenza di una rete di dicchi verticali, fratture riempite di magma, che si estende tra i 6 e i 16 chilometri di profondità. Questa rete radiale agisce come un sistema di vie preferenziali per la risalita del magma, spiegando le eruzioni dai crateri sommitali e dalle bocche laterali dell'Etna. Le osservazioni suggeriscono inoltre che in questa zona ci sia probabilmente un sistema magmatico profondo caratterizzato da alte pressioni dei fluidi.
La tecnica ha permesso di mappare l'orientamento delle fratture e di stimare lo stato di stress in profondità, migliorando la comprensione dei processi geofisici come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Questo metodo potrebbe avere,secondo Manuele Faccenda, coordinatore della ricerca e docente al Dipartimento di Geoscienze, un impatto significativo sulla predicibilità delle migrazioni di magma e fluidi in vari ambienti crostali, inclusi campi geotermici e petroliferi.
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Lo studio, pubblicato su «Communications Earth & Environment», ha rivelato l'esistenza di una rete di dicchi verticali, fratture riempite di magma, che si estende tra i 6 e i 16 chilometri di profondità. Questa rete radiale agisce come un sistema di vie preferenziali per la risalita del magma, spiegando le eruzioni dai crateri sommitali e dalle bocche laterali dell'Etna. Le osservazioni suggeriscono inoltre che in questa zona ci sia probabilmente un sistema magmatico profondo caratterizzato da alte pressioni dei fluidi.
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Un team di ricercatori dell'Università di Padova, guidato da Gianmarco Del Piccolo e Manuele Faccenda, ha sviluppato un modello strutturale della crosta terrestre sotto l'Etna, utilizzando un innovativo metodo di tomografia sismica basato su oltre 37.000 segnali sismici raccolti tra il 2006 e il 2016.
Sotto la superficie del Monte Etna, il vulcano più grande e attivo d'Europa, si trova un magma in costante movimento che occasionalmente trova vie di fuga verso la superficie, provocando eruzioni spettacolari. La sismologia, che studia le onde sismiche nel sottosuolo, è essenziale per comprendere questi fenomeni.
Il metodo utilizzato dai ricercatori del Dipartimento di Geoscienze dell'Ateneo patavino ha permesso di mappare l'orientamento delle fratture e di stimare lo stato di stress in profondità con un dettaglio senza precedenti. Non solo: la tecnica utilizzata, grazie a una sofisticata analisi statistica, ha permesso anche di valutare il grado di incertezza dei risultati, rendendo le interpretazioni più affidabili.
«Lo stato di stress influenza una grande varietà di fenomeni geofisici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche, ma rimane al tempo stesso una grande incognita in molti ambienti crostali. Lo studio pubblicato apre la strada alla possibilità di invertire dati sismici per produrre ricostruzioni tomografiche delle proprietà del campo di stress» commenta Gianmarco Del Piccolo, corresponding author della ricerca e dottorando al Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.

Lo studio, pubblicato su «Communications Earth & Environment», ha rivelato l'esistenza di una rete di dicchi verticali, fratture riempite di magma, che si estende tra i 6 e i 16 chilometri di profondità. Questa rete radiale agisce come un sistema di vie preferenziali per la risalita del magma, spiegando le eruzioni dai crateri sommitali e dalle bocche laterali dell'Etna. Le osservazioni suggeriscono inoltre che in questa zona ci sia probabilmente un sistema magmatico profondo caratterizzato da alte pressioni dei fluidi.
La tecnica ha permesso di mappare l'orientamento delle fratture e di stimare lo stato di stress in profondità, migliorando la comprensione dei processi geofisici come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Questo metodo potrebbe avere,secondo Manuele Faccenda, coordinatore della ricerca e docente al Dipartimento di Geoscienze, un impatto significativo sulla predicibilità delle migrazioni di magma e fluidi in vari ambienti crostali, inclusi campi geotermici e petroliferi.
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Lo studio, pubblicato su «Communications Earth & Environment», ha rivelato l'esistenza di una rete di dicchi verticali, fratture riempite di magma, che si estende tra i 6 e i 16 chilometri di profondità. Questa rete radiale agisce come un sistema di vie preferenziali per la risalita del magma, spiegando le eruzioni dai crateri sommitali e dalle bocche laterali dell'Etna. Le osservazioni suggeriscono inoltre che in questa zona ci sia probabilmente un sistema magmatico profondo caratterizzato da alte pressioni dei fluidi.
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Sotto la superficie del Monte Etna, il vulcano più grande e attivo d'Europa, si trova un magma in costante movimento che occasionalmente trova vie di fuga verso la superficie, provocando eruzioni spettacolari. La sismologia, che studia le onde sismiche nel sottosuolo, è essenziale per comprendere questi fenomeni.
Il metodo utilizzato dai ricercatori del Dipartimento di Geoscienze dell'Ateneo patavino ha permesso di mappare l'orientamento delle fratture e di stimare lo stato di stress in profondità con un dettaglio senza precedenti. Non solo: la tecnica utilizzata, grazie a una sofisticata analisi statistica, ha permesso anche di valutare il grado di incertezza dei risultati, rendendo le interpretazioni più affidabili.
«Lo stato di stress influenza una grande varietà di fenomeni geofisici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche, ma rimane al tempo stesso una grande incognita in molti ambienti crostali. Lo studio pubblicato apre la strada alla possibilità di invertire dati sismici per produrre ricostruzioni tomografiche delle proprietà del campo di stress» commenta Gianmarco Del Piccolo, corresponding author della ricerca e dottorando al Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.

Lo studio, pubblicato su «Communications Earth & Environment», ha rivelato l'esistenza di una rete di dicchi verticali, fratture riempite di magma, che si estende tra i 6 e i 16 chilometri di profondità. Questa rete radiale agisce come un sistema di vie preferenziali per la risalita del magma, spiegando le eruzioni dai crateri sommitali e dalle bocche laterali dell'Etna. Le osservazioni suggeriscono inoltre che in questa zona ci sia probabilmente un sistema magmatico profondo caratterizzato da alte pressioni dei fluidi.
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Sotto la superficie del Monte Etna, il vulcano più grande e attivo d'Europa, si trova un magma in costante movimento che occasionalmente trova vie di fuga verso la superficie, provocando eruzioni spettacolari. La sismologia, che studia le onde sismiche nel sottosuolo, è essenziale per comprendere questi fenomeni.
Il metodo utilizzato dai ricercatori del Dipartimento di Geoscienze dell'Ateneo patavino ha permesso di mappare l'orientamento delle fratture e di stimare lo stato di stress in profondità con un dettaglio senza precedenti. Non solo: la tecnica utilizzata, grazie a una sofisticata analisi statistica, ha permesso anche di valutare il grado di incertezza dei risultati, rendendo le interpretazioni più affidabili.
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