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Un team di ricerca del Dipartimento di Fisica e astronomia “G. Galilei” (DFA) dell'Università di Padova ha “rispolverato” e riesaminato un vecchio concetto di fusione nucleare risalente agli anni '50, che prevede la combustione di deuteruro di litio-6 solido a temperatura ambiente con neutroni. Questo processo, noto come ciclo di Jetter, dal nome del proponente, Ulrich Jetter, offre prospettive interessanti per la produzione di energia in dispositivi non basati sul confinamento del plasma. Questa linea di ricerca si era arenata negli anni Settanta, nel periodo della guerra fredda, a causa delle restrizioni alla pubblicazione di risultati riguardanti le reazioni nucleari, poiché è molto simile alle reazioni che si innescano in alcuni design di bombe nucleari. Solo un ricercatore, Rand McNally, aveva continuato il filone, e i suoi report interni al famoso laboratorio di Oak Ridge sono stati desecretati solo negli anni Novanta.
Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
«Utilizzando moderne compilazioni di dati nucleari, abbiamo predetto l'evoluzione temporale e la composizione isotopica di una rete di reazioni termonucleari coinvolgenti il ciclo di Jetter (neutroni più Litio-6) e il ciclo di Post (protoni+Litio-6), un processo simile innescato da protoni anziché neutroni – spiega il prof. Fortunato -. In un caso ideale, all’inizio ci sono solo litio e deuterio (viola e blu), i componenti del cristallo combustibile e i neutroni che lo irradiano. Col passare del tempo, dopo solo pochi milionesimi di secondo, il materiale è convertito essenzialmente in particelle alfa, ovvero nuclei di elio-4, inerte e non pericoloso e poco altro come trizio e un certo quantitativo di neutroni secondari. Questi ultimi sono potenzialmente dannosi alla salute, ma contenibili con una “camicia esterna” di materiale assorbitore, come la grafite.»
Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
Gli autori dello studio teorico lanciano una sfida ai colleghi sperimentali per la nascita di un programma di ricerca applicato che conduca nuovi esperimenti su questi cicli di fusione, che potrebbero aprire la strada a nuovi reattori a fusione non basati sul plasma, intrinsecamente sicuri e senza la necessità di tritio come combustibile. Ulteriori studi teorici e dati sperimentali sulle reazioni nucleari coinvolte sono tuttavia necessari per valutarne appieno le potenzialità.
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Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
«Utilizzando moderne compilazioni di dati nucleari, abbiamo predetto l'evoluzione temporale e la composizione isotopica di una rete di reazioni termonucleari coinvolgenti il ciclo di Jetter (neutroni più Litio-6) e il ciclo di Post (protoni+Litio-6), un processo simile innescato da protoni anziché neutroni – spiega il prof. Fortunato -. In un caso ideale, all’inizio ci sono solo litio e deuterio (viola e blu), i componenti del cristallo combustibile e i neutroni che lo irradiano. Col passare del tempo, dopo solo pochi milionesimi di secondo, il materiale è convertito essenzialmente in particelle alfa, ovvero nuclei di elio-4, inerte e non pericoloso e poco altro come trizio e un certo quantitativo di neutroni secondari. Questi ultimi sono potenzialmente dannosi alla salute, ma contenibili con una “camicia esterna” di materiale assorbitore, come la grafite.»
Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
Gli autori dello studio teorico lanciano una sfida ai colleghi sperimentali per la nascita di un programma di ricerca applicato che conduca nuovi esperimenti su questi cicli di fusione, che potrebbero aprire la strada a nuovi reattori a fusione non basati sul plasma, intrinsecamente sicuri e senza la necessità di tritio come combustibile. Ulteriori studi teorici e dati sperimentali sulle reazioni nucleari coinvolte sono tuttavia necessari per valutarne appieno le potenzialità.
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Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
«Utilizzando moderne compilazioni di dati nucleari, abbiamo predetto l'evoluzione temporale e la composizione isotopica di una rete di reazioni termonucleari coinvolgenti il ciclo di Jetter (neutroni più Litio-6) e il ciclo di Post (protoni+Litio-6), un processo simile innescato da protoni anziché neutroni – spiega il prof. Fortunato -. In un caso ideale, all’inizio ci sono solo litio e deuterio (viola e blu), i componenti del cristallo combustibile e i neutroni che lo irradiano. Col passare del tempo, dopo solo pochi milionesimi di secondo, il materiale è convertito essenzialmente in particelle alfa, ovvero nuclei di elio-4, inerte e non pericoloso e poco altro come trizio e un certo quantitativo di neutroni secondari. Questi ultimi sono potenzialmente dannosi alla salute, ma contenibili con una “camicia esterna” di materiale assorbitore, come la grafite.»
Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
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In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
Gli autori dello studio teorico lanciano una sfida ai colleghi sperimentali per la nascita di un programma di ricerca applicato che conduca nuovi esperimenti su questi cicli di fusione, che potrebbero aprire la strada a nuovi reattori a fusione non basati sul plasma, intrinsecamente sicuri e senza la necessità di tritio come combustibile. Ulteriori studi teorici e dati sperimentali sulle reazioni nucleari coinvolte sono tuttavia necessari per valutarne appieno le potenzialità.
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Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
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Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
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Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
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Un team di ricerca del Dipartimento di Fisica e astronomia “G. Galilei” (DFA) dell'Università di Padova ha “rispolverato” e riesaminato un vecchio concetto di fusione nucleare risalente agli anni '50, che prevede la combustione di deuteruro di litio-6 solido a temperatura ambiente con neutroni. Questo processo, noto come ciclo di Jetter, dal nome del proponente, Ulrich Jetter, offre prospettive interessanti per la produzione di energia in dispositivi non basati sul confinamento del plasma. Questa linea di ricerca si era arenata negli anni Settanta, nel periodo della guerra fredda, a causa delle restrizioni alla pubblicazione di risultati riguardanti le reazioni nucleari, poiché è molto simile alle reazioni che si innescano in alcuni design di bombe nucleari. Solo un ricercatore, Rand McNally, aveva continuato il filone, e i suoi report interni al famoso laboratorio di Oak Ridge sono stati desecretati solo negli anni Novanta.
Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
«Utilizzando moderne compilazioni di dati nucleari, abbiamo predetto l'evoluzione temporale e la composizione isotopica di una rete di reazioni termonucleari coinvolgenti il ciclo di Jetter (neutroni più Litio-6) e il ciclo di Post (protoni+Litio-6), un processo simile innescato da protoni anziché neutroni – spiega il prof. Fortunato -. In un caso ideale, all’inizio ci sono solo litio e deuterio (viola e blu), i componenti del cristallo combustibile e i neutroni che lo irradiano. Col passare del tempo, dopo solo pochi milionesimi di secondo, il materiale è convertito essenzialmente in particelle alfa, ovvero nuclei di elio-4, inerte e non pericoloso e poco altro come trizio e un certo quantitativo di neutroni secondari. Questi ultimi sono potenzialmente dannosi alla salute, ma contenibili con una “camicia esterna” di materiale assorbitore, come la grafite.»
Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
Gli autori dello studio teorico lanciano una sfida ai colleghi sperimentali per la nascita di un programma di ricerca applicato che conduca nuovi esperimenti su questi cicli di fusione, che potrebbero aprire la strada a nuovi reattori a fusione non basati sul plasma, intrinsecamente sicuri e senza la necessità di tritio come combustibile. Ulteriori studi teorici e dati sperimentali sulle reazioni nucleari coinvolte sono tuttavia necessari per valutarne appieno le potenzialità.
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Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
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Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
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Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
«Utilizzando moderne compilazioni di dati nucleari, abbiamo predetto l'evoluzione temporale e la composizione isotopica di una rete di reazioni termonucleari coinvolgenti il ciclo di Jetter (neutroni più Litio-6) e il ciclo di Post (protoni+Litio-6), un processo simile innescato da protoni anziché neutroni – spiega il prof. Fortunato -. In un caso ideale, all’inizio ci sono solo litio e deuterio (viola e blu), i componenti del cristallo combustibile e i neutroni che lo irradiano. Col passare del tempo, dopo solo pochi milionesimi di secondo, il materiale è convertito essenzialmente in particelle alfa, ovvero nuclei di elio-4, inerte e non pericoloso e poco altro come trizio e un certo quantitativo di neutroni secondari. Questi ultimi sono potenzialmente dannosi alla salute, ma contenibili con una “camicia esterna” di materiale assorbitore, come la grafite.»
Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
Gli autori dello studio teorico lanciano una sfida ai colleghi sperimentali per la nascita di un programma di ricerca applicato che conduca nuovi esperimenti su questi cicli di fusione, che potrebbero aprire la strada a nuovi reattori a fusione non basati sul plasma, intrinsecamente sicuri e senza la necessità di tritio come combustibile. Ulteriori studi teorici e dati sperimentali sulle reazioni nucleari coinvolte sono tuttavia necessari per valutarne appieno le potenzialità.
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Lorenzo Fortunato, docente del DFA, dopo aver “riscoperto” questi vecchi articoli e manoscritti informali, ha messo insieme un piccolo team di ricerca formato da suoi studenti e studentesse di tesi triennale e magistrale e personale dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INFN. Il gruppo ha investigato la complessa rete di reazioni nucleari indotta da un fascio di neutroni nei cristalli di litio.
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Lo studio è ancora su un piano puramente accademico, ma la modellizzazione è il primo passo vero la realizzazione di dispositivi per i test. Le sfide tecnologiche necessarie a realizzare un prototipo, come la produzione controllata di fasci di neutroni intensi e la conversione dell’energia termica prodotta in energia elettrica utilizzabile, sono certamente ardue, ma forse alla portata dei moderni sperimentatori.
Le simulazioni, facilmente ripetibili con un codice che è stato reso pubblico sul Data Repository dell’Università, sono state condotte in due scenari tipo.
In uno scenario ideale, che non considera le perdite energetiche del moto degli ioni carichi nella materia, si ottiene un enorme potenziale di rilascio di energia. Calcoli più realistici, che includono l'effetto di frenamento delle particelle cariche, ridimensionano questa produzione energetica, ma indicano che i processi di combustione nucleare lenta e controllata, ottenuta iniettando neutroni potrebbe ancora essere un migliaio di volte più vantaggiosa rispetto all’energia ottenuta per esempio da combustione chimica. Tutto ciò senza rilasciare radiazioni pericolose o generare sottoprodotti nocivi e senza che ci sia la possibilità di una reazione a catena incontrollata come potrebbe malauguratamente capitare nelle centrali a fissione di tipo tradizionale.
Gli autori dello studio teorico lanciano una sfida ai colleghi sperimentali per la nascita di un programma di ricerca applicato che conduca nuovi esperimenti su questi cicli di fusione, che potrebbero aprire la strada a nuovi reattori a fusione non basati sul plasma, intrinsecamente sicuri e senza la necessità di tritio come combustibile. Ulteriori studi teorici e dati sperimentali sulle reazioni nucleari coinvolte sono tuttavia necessari per valutarne appieno le potenzialità.
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