Nuovi progressi contro la leucemia con gli Rna circolari

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Nuovi progressi nella comprensione della leucemia linfatica cronica (CLL), una delle forme più diffuse di tumore del sangue, sono stati compiuti da un team di ricerca internazionale coordinato dall'Università di Padova. La scoperta riguarda alcuni RNA circolari, molecole di RNA ancora poco conosciute, le quali si sono rivelate indicatori chiave per identificare le forme più aggressive della malattia con alterazioni cromosomiche che aumentano la produzione della proteina BCL3.

Grazie a metodologie avanzate di sequenziamento e grazie a sofisticati algoritmi informatici,  per la prima volta è stato analizzato il trascrittoma circolare, ossia l'insieme degli RNA che invece di presentarsi nella solita forma "a filo" sono chiusi a cerchio, in pazienti affetti da una rara forma aggressiva di leucemia linfatica cronica (circa l'1% dei casi diagnosticati). Sono stati, così, identificati alcuni RNA circolari molto abbondanti nelle cellule maligne, in particolare le molecole circCORO1C e circCLEC2D, presenti in quantità elevate nei casi più gravi della malattia.

Lo studio, pubblicato sulla rivista «Journal of Hematology & Oncology» sotto il titolo "Circular RNA signature of aggressive CLL with t(14;19)(q32;q13). An ERIC study", ha visto la partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori come Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro Nazionale di Ricerca Sviluppo di Terapia genica e Farmaci a RNA, finanziato dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) i quali hanno condotto un'analisi pionieristica sugli RNA circolari nelle cellule leucemiche.

Stefania Bortoluzzi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell'Università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, ha spiegato: «Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a RNA».

Lo studio ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'Università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina Computazionale, Ematologia e Biologia Molecolare. Le ricercatrici e ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. «Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale – ha commentato Andrea Visentin che ha raccolto i campioni da diverse nazioni, inclusa Svezia, Grecia, Stati Uniti e Cina – ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti».

La ricerca è stata finanziata dal programma NextGeneration EU e supportata da diverse istituzioni, tra le quali la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e l'associazione "Ricerca per Credere nella Vita".
Queste nuove conoscenze possono migliorare la diagnosi della leucemia linfatica cronica e, poiché vanno nella direzione di trovare nuovi bersagli per terapie a RNA, potrebbero rendere più efficace la cura della malattia in futuro.

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Lo studio, pubblicato sulla rivista «Journal of Hematology & Oncology» sotto il titolo "Circular RNA signature of aggressive CLL with t(14;19)(q32;q13). An ERIC study", ha visto la partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori come Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro Nazionale di Ricerca Sviluppo di Terapia genica e Farmaci a RNA, finanziato dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) i quali hanno condotto un'analisi pionieristica sugli RNA circolari nelle cellule leucemiche.

Stefania Bortoluzzi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell'Università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, ha spiegato: «Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a RNA».

Lo studio ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'Università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina Computazionale, Ematologia e Biologia Molecolare. Le ricercatrici e ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. «Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale – ha commentato Andrea Visentin che ha raccolto i campioni da diverse nazioni, inclusa Svezia, Grecia, Stati Uniti e Cina – ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti».

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Stefania Bortoluzzi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell'Università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, ha spiegato: «Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a RNA».

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Nuovi progressi nella comprensione della leucemia linfatica cronica (CLL), una delle forme più diffuse di tumore del sangue, sono stati compiuti da un team di ricerca internazionale coordinato dall'Università di Padova. La scoperta riguarda alcuni RNA circolari, molecole di RNA ancora poco conosciute, le quali si sono rivelate indicatori chiave per identificare le forme più aggressive della malattia con alterazioni cromosomiche che aumentano la produzione della proteina BCL3.

Grazie a metodologie avanzate di sequenziamento e grazie a sofisticati algoritmi informatici,  per la prima volta è stato analizzato il trascrittoma circolare, ossia l'insieme degli RNA che invece di presentarsi nella solita forma "a filo" sono chiusi a cerchio, in pazienti affetti da una rara forma aggressiva di leucemia linfatica cronica (circa l'1% dei casi diagnosticati). Sono stati, così, identificati alcuni RNA circolari molto abbondanti nelle cellule maligne, in particolare le molecole circCORO1C e circCLEC2D, presenti in quantità elevate nei casi più gravi della malattia.

Lo studio, pubblicato sulla rivista «Journal of Hematology & Oncology» sotto il titolo "Circular RNA signature of aggressive CLL with t(14;19)(q32;q13). An ERIC study", ha visto la partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori come Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro Nazionale di Ricerca Sviluppo di Terapia genica e Farmaci a RNA, finanziato dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) i quali hanno condotto un'analisi pionieristica sugli RNA circolari nelle cellule leucemiche.

Stefania Bortoluzzi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell'Università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, ha spiegato: «Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a RNA».

Lo studio ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'Università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina Computazionale, Ematologia e Biologia Molecolare. Le ricercatrici e ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. «Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale – ha commentato Andrea Visentin che ha raccolto i campioni da diverse nazioni, inclusa Svezia, Grecia, Stati Uniti e Cina – ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti».

La ricerca è stata finanziata dal programma NextGeneration EU e supportata da diverse istituzioni, tra le quali la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e l'associazione "Ricerca per Credere nella Vita".
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Grazie a metodologie avanzate di sequenziamento e grazie a sofisticati algoritmi informatici,  per la prima volta è stato analizzato il trascrittoma circolare, ossia l'insieme degli RNA che invece di presentarsi nella solita forma "a filo" sono chiusi a cerchio, in pazienti affetti da una rara forma aggressiva di leucemia linfatica cronica (circa l'1% dei casi diagnosticati). Sono stati, così, identificati alcuni RNA circolari molto abbondanti nelle cellule maligne, in particolare le molecole circCORO1C e circCLEC2D, presenti in quantità elevate nei casi più gravi della malattia.

Lo studio, pubblicato sulla rivista «Journal of Hematology & Oncology» sotto il titolo "Circular RNA signature of aggressive CLL with t(14;19)(q32;q13). An ERIC study", ha visto la partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori come Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro Nazionale di Ricerca Sviluppo di Terapia genica e Farmaci a RNA, finanziato dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) i quali hanno condotto un'analisi pionieristica sugli RNA circolari nelle cellule leucemiche.

Stefania Bortoluzzi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell'Università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, ha spiegato: «Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a RNA».

Lo studio ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'Università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina Computazionale, Ematologia e Biologia Molecolare. Le ricercatrici e ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. «Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale – ha commentato Andrea Visentin che ha raccolto i campioni da diverse nazioni, inclusa Svezia, Grecia, Stati Uniti e Cina – ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti».

La ricerca è stata finanziata dal programma NextGeneration EU e supportata da diverse istituzioni, tra le quali la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e l'associazione "Ricerca per Credere nella Vita".
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Lo studio, pubblicato sulla rivista «Journal of Hematology & Oncology» sotto il titolo "Circular RNA signature of aggressive CLL with t(14;19)(q32;q13). An ERIC study", ha visto la partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori come Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro Nazionale di Ricerca Sviluppo di Terapia genica e Farmaci a RNA, finanziato dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) i quali hanno condotto un'analisi pionieristica sugli RNA circolari nelle cellule leucemiche.

Stefania Bortoluzzi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell'Università di Padova, co-coordinatrice dello studio insieme ad Andrea Visentin, ha spiegato: «Queste molecole possono diventare veri e propri marcatori di aggressività tumorale. La loro scoperta ci permette di prevedere con maggiore precisione l'evoluzione della malattia e, in futuro, potrebbero diventare nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci a RNA».

Lo studio ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'Università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina Computazionale, Ematologia e Biologia Molecolare. Le ricercatrici e ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. «Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale – ha commentato Andrea Visentin che ha raccolto i campioni da diverse nazioni, inclusa Svezia, Grecia, Stati Uniti e Cina – ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti».

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Lo studio, pubblicato sulla rivista «Journal of Hematology & Oncology» sotto il titolo "Circular RNA signature of aggressive CLL with t(14;19)(q32;q13). An ERIC study", ha visto la partecipazione di giovani ricercatrici e ricercatori come Eleonora Roncaglia ed Enrico Gaffo del Centro Nazionale di Ricerca Sviluppo di Terapia genica e Farmaci a RNA, finanziato dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) i quali hanno condotto un'analisi pionieristica sugli RNA circolari nelle cellule leucemiche.

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Lo studio ha coinvolto 28 centri di ricerca e ospedali in 12 Paesi, ma il coordinamento scientifico è stato curato dall'Università di Padova, con un ruolo centrale svolto dai laboratori di Medicina Computazionale, Ematologia e Biologia Molecolare. Le ricercatrici e ricercatori padovani hanno guidato la raccolta e l'analisi dei campioni, confrontando cellule tumorali aggressive, forme comuni della leucemia e cellule sane del sistema immunitario. «Studiare una forma così rara e aggressiva della leucemia ha richiesto una collaborazione internazionale – ha commentato Andrea Visentin che ha raccolto i campioni da diverse nazioni, inclusa Svezia, Grecia, Stati Uniti e Cina – ma è grazie all'impegno e all'innovazione dei nostri giovani ricercatori che siamo riusciti a compiere questo importante passo avanti».

La ricerca è stata finanziata dal programma NextGeneration EU e supportata da diverse istituzioni, tra le quali la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e l'associazione "Ricerca per Credere nella Vita".
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RICERCA UNIPD - LEUCEMIA LINFATICA CRONICA: SCOPERTI NUOVI MARCATORI PER RICONOSCERE LE FORME PIÙ AGGRESSIVE GRAZIE AGLI RNA CIRCOLARI

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SUMMER SCHOOL PATOLOGIE PLEURICHE CONSEGNATO IL PREMIO "SARO LEGGIO" 2025 Al PROF PAOLO BIRONZO

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Locandina

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2025S25 - Esito prova scritta - candidati ammessi al colloquio

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2025N29 - Comunicazione calendario e sedi prove di esame

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Unipd develops new model to understand the origins of the Universe

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A team of scientists, including Daniele Bertacca and Sabino Matarrese from the Department of Physics and Astronomy "G. Galilei" at the University of Padua, in collaboration with Raúl Jiménez from the University of Barcelona and Angelo Ricciardone from the University of Pisa, has published an article in Physical Review Research Letters titled "Inflation without an inflaton", proposing a new theory about the origin of our Universe. This new theoretical framework represents a radical shift in how we understand the very first moments of the Universe's existence—without relying on some of the speculative elements traditionally assumed in the standard theory of inflation.

For decades, cosmologists have worked within the inflationary paradigm, a model suggesting that the Universe underwent an incredibly rapid expansion, setting the stage for everything we observe today. This paradigm explains why the Universe appears so homogeneous and isotropic, while also accounting for the inhomogeneous structures like galaxies and galaxy clusters.

However, there’s a catch: the theory involves too many “free” or “adjustable” parameters that can be tweaked at will. In science, too much flexibility can be problematic—it becomes difficult to tell whether a model is genuinely making predictions or simply adapting itself to fit the observed data after the fact.

The international research team has proposed a new model in which the early Universe doesn't require any of these arbitrary parameters. Instead, it depends on a single energy scale that determines all observable predictions. The researchers start from a well-established cosmological state known as de Sitter space-time, a geometric model of a Universe dominated by vacuum energy and expanding at an accelerating rate—like a balloon inflating faster and faster at every point.

This new model doesn’t rely on hypothetical fields or particles such as the so-called “inflaton” field. Rather, it suggests that the natural quantum oscillations of space-time itself—in the form of quantum gravitational waves (or “gravitons”)—were enough to trigger the tiny density fluctuations that eventually led to the formation of galaxies, stars, and planets.

These gravitational ripples evolve in a nonlinear way, meaning they interact and build complexity over time, leading to testable predictions. Researchers can now analyze, scrutinize, and compare these predictions with data from Earth-based and space-based experiments.

“Understanding the origin of the Universe is not just a philosophical pursuit—it helps us answer fundamental questions about who we are and where everything comes from,” say the authors of the newly published theory. “This new proposal offers a simple yet powerful framework. It delivers clear predictions that can be confirmed or ruled out by future observations—such as the measurement of the amplitude of primordial gravitational waves and statistical studies of cosmic structure. Moreover, it shows that no speculative ingredients are needed to explain the cosmos, just a deep understanding of gravity and quantum physics. This model could mark a new chapter in how we think about the birth of the Universe.”

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The international research team has proposed a new model in which the early Universe doesn't require any of these arbitrary parameters. Instead, it depends on a single energy scale that determines all observable predictions. The researchers start from a well-established cosmological state known as de Sitter space-time, a geometric model of a Universe dominated by vacuum energy and expanding at an accelerating rate—like a balloon inflating faster and faster at every point.

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“Understanding the origin of the Universe is not just a philosophical pursuit—it helps us answer fundamental questions about who we are and where everything comes from,” say the authors of the newly published theory. “This new proposal offers a simple yet powerful framework. It delivers clear predictions that can be confirmed or ruled out by future observations—such as the measurement of the amplitude of primordial gravitational waves and statistical studies of cosmic structure. Moreover, it shows that no speculative ingredients are needed to explain the cosmos, just a deep understanding of gravity and quantum physics. This model could mark a new chapter in how we think about the birth of the Universe.”

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A team of scientists, including Daniele Bertacca and Sabino Matarrese from the Department of Physics and Astronomy "G. Galilei" at the University of Padua, in collaboration with Raúl Jiménez from the University of Barcelona and Angelo Ricciardone from the University of Pisa, has published an article in Physical Review Research Letters titled "Inflation without an inflaton", proposing a new theory about the origin of our Universe. This new theoretical framework represents a radical shift in how we understand the very first moments of the Universe's existence—without relying on some of the speculative elements traditionally assumed in the standard theory of inflation.

For decades, cosmologists have worked within the inflationary paradigm, a model suggesting that the Universe underwent an incredibly rapid expansion, setting the stage for everything we observe today. This paradigm explains why the Universe appears so homogeneous and isotropic, while also accounting for the inhomogeneous structures like galaxies and galaxy clusters.

However, there’s a catch: the theory involves too many “free” or “adjustable” parameters that can be tweaked at will. In science, too much flexibility can be problematic—it becomes difficult to tell whether a model is genuinely making predictions or simply adapting itself to fit the observed data after the fact.

The international research team has proposed a new model in which the early Universe doesn't require any of these arbitrary parameters. Instead, it depends on a single energy scale that determines all observable predictions. The researchers start from a well-established cosmological state known as de Sitter space-time, a geometric model of a Universe dominated by vacuum energy and expanding at an accelerating rate—like a balloon inflating faster and faster at every point.

This new model doesn’t rely on hypothetical fields or particles such as the so-called “inflaton” field. Rather, it suggests that the natural quantum oscillations of space-time itself—in the form of quantum gravitational waves (or “gravitons”)—were enough to trigger the tiny density fluctuations that eventually led to the formation of galaxies, stars, and planets.

These gravitational ripples evolve in a nonlinear way, meaning they interact and build complexity over time, leading to testable predictions. Researchers can now analyze, scrutinize, and compare these predictions with data from Earth-based and space-based experiments.

“Understanding the origin of the Universe is not just a philosophical pursuit—it helps us answer fundamental questions about who we are and where everything comes from,” say the authors of the newly published theory. “This new proposal offers a simple yet powerful framework. It delivers clear predictions that can be confirmed or ruled out by future observations—such as the measurement of the amplitude of primordial gravitational waves and statistical studies of cosmic structure. Moreover, it shows that no speculative ingredients are needed to explain the cosmos, just a deep understanding of gravity and quantum physics. This model could mark a new chapter in how we think about the birth of the Universe.”

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For decades, cosmologists have worked within the inflationary paradigm, a model suggesting that the Universe underwent an incredibly rapid expansion, setting the stage for everything we observe today. This paradigm explains why the Universe appears so homogeneous and isotropic, while also accounting for the inhomogeneous structures like galaxies and galaxy clusters.

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This new model doesn’t rely on hypothetical fields or particles such as the so-called “inflaton” field. Rather, it suggests that the natural quantum oscillations of space-time itself—in the form of quantum gravitational waves (or “gravitons”)—were enough to trigger the tiny density fluctuations that eventually led to the formation of galaxies, stars, and planets.

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“Understanding the origin of the Universe is not just a philosophical pursuit—it helps us answer fundamental questions about who we are and where everything comes from,” say the authors of the newly published theory. “This new proposal offers a simple yet powerful framework. It delivers clear predictions that can be confirmed or ruled out by future observations—such as the measurement of the amplitude of primordial gravitational waves and statistical studies of cosmic structure. Moreover, it shows that no speculative ingredients are needed to explain the cosmos, just a deep understanding of gravity and quantum physics. This model could mark a new chapter in how we think about the birth of the Universe.”

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For decades, cosmologists have worked within the inflationary paradigm, a model suggesting that the Universe underwent an incredibly rapid expansion, setting the stage for everything we observe today. This paradigm explains why the Universe appears so homogeneous and isotropic, while also accounting for the inhomogeneous structures like galaxies and galaxy clusters.

However, there’s a catch: the theory involves too many “free” or “adjustable” parameters that can be tweaked at will. In science, too much flexibility can be problematic—it becomes difficult to tell whether a model is genuinely making predictions or simply adapting itself to fit the observed data after the fact.

The international research team has proposed a new model in which the early Universe doesn't require any of these arbitrary parameters. Instead, it depends on a single energy scale that determines all observable predictions. The researchers start from a well-established cosmological state known as de Sitter space-time, a geometric model of a Universe dominated by vacuum energy and expanding at an accelerating rate—like a balloon inflating faster and faster at every point.

This new model doesn’t rely on hypothetical fields or particles such as the so-called “inflaton” field. Rather, it suggests that the natural quantum oscillations of space-time itself—in the form of quantum gravitational waves (or “gravitons”)—were enough to trigger the tiny density fluctuations that eventually led to the formation of galaxies, stars, and planets.

These gravitational ripples evolve in a nonlinear way, meaning they interact and build complexity over time, leading to testable predictions. Researchers can now analyze, scrutinize, and compare these predictions with data from Earth-based and space-based experiments.

“Understanding the origin of the Universe is not just a philosophical pursuit—it helps us answer fundamental questions about who we are and where everything comes from,” say the authors of the newly published theory. “This new proposal offers a simple yet powerful framework. It delivers clear predictions that can be confirmed or ruled out by future observations—such as the measurement of the amplitude of primordial gravitational waves and statistical studies of cosmic structure. Moreover, it shows that no speculative ingredients are needed to explain the cosmos, just a deep understanding of gravity and quantum physics. This model could mark a new chapter in how we think about the birth of the Universe.”

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For decades, cosmologists have worked within the inflationary paradigm, a model suggesting that the Universe underwent an incredibly rapid expansion, setting the stage for everything we observe today. This paradigm explains why the Universe appears so homogeneous and isotropic, while also accounting for the inhomogeneous structures like galaxies and galaxy clusters.

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Unipd studia nuovo modello per comprendere le origini dell’Universo

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Un team di scienziati, tra cui Daniele Bertacca e Sabino Matarrese del Dipartimento di Fisica e astronomia G. Galilei dell’Università di Padova, in collaborazione con i colleghi Raúl Jiménez dell’Università di Barcellona e Angelo Ricciardone dell’Università di Pisa, ha pubblicato su «Physical Review Research Letters» l'articolo “Inflation without an inflaton” in cui si propone una nuova teoria sull’origine del nostro Universo. La nuova visione teorica introduce un cambiamento radicale sulla comprensione dei primissimi istanti di vita dell’Universo, senza fare affidamento su alcuni elementi speculativi tradizionalmente ipotizzati nella teoria standard dell’Inflazione.

Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

Ma c’è un problema: questa teoria include troppi parametri “liberi”, ovvero parametri “regolabili”, che possono essere modificati a piacimento. Nella scienza troppa flessibilità può essere problematica perché rende difficile capire se un modello adottato stia veramente prevedendo qualcosa o se si stia semplicemente adattando, a posteriori, ai dati osservati.

Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

Il nuovo modello non si basa su ipotetici campi o particelle come, ad esempio, il campo chiamato “inflatone”. Piuttosto suggerisce che le naturali oscillazioni quantistiche dello spazio-tempo stesso sotto forma di onde gravitazionali quantistiche (“gravitoni”) siano state sufficienti a innescare le minuscole fluttuazioni di densità che alla fine hanno dato origine a galassie, stelle e pianeti.

Queste increspature gravitazionali evolvono in modo non lineare, il che significa che interagiscono e costruiscono complessità nel tempo, portando a previsioni verificabili che i ricercatori possono oggi analizzare, vagliare e confrontare con i dati misurati da esperimenti terrestri e dallo spazio.

«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Un team di scienziati, tra cui Daniele Bertacca e Sabino Matarrese del Dipartimento di Fisica e astronomia G. Galilei dell’Università di Padova, in collaborazione con i colleghi Raúl Jiménez dell’Università di Barcellona e Angelo Ricciardone dell’Università di Pisa, ha pubblicato su «Physical Review Research Letters» l'articolo “Inflation without an inflaton” in cui si propone una nuova teoria sull’origine del nostro Universo. La nuova visione teorica introduce un cambiamento radicale sulla comprensione dei primissimi istanti di vita dell’Universo, senza fare affidamento su alcuni elementi speculativi tradizionalmente ipotizzati nella teoria standard dell’Inflazione.

Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

Ma c’è un problema: questa teoria include troppi parametri “liberi”, ovvero parametri “regolabili”, che possono essere modificati a piacimento. Nella scienza troppa flessibilità può essere problematica perché rende difficile capire se un modello adottato stia veramente prevedendo qualcosa o se si stia semplicemente adattando, a posteriori, ai dati osservati.

Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

Il nuovo modello non si basa su ipotetici campi o particelle come, ad esempio, il campo chiamato “inflatone”. Piuttosto suggerisce che le naturali oscillazioni quantistiche dello spazio-tempo stesso sotto forma di onde gravitazionali quantistiche (“gravitoni”) siano state sufficienti a innescare le minuscole fluttuazioni di densità che alla fine hanno dato origine a galassie, stelle e pianeti.

Queste increspature gravitazionali evolvono in modo non lineare, il che significa che interagiscono e costruiscono complessità nel tempo, portando a previsioni verificabili che i ricercatori possono oggi analizzare, vagliare e confrontare con i dati misurati da esperimenti terrestri e dallo spazio.

«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

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Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

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Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

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Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

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Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

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Queste increspature gravitazionali evolvono in modo non lineare, il che significa che interagiscono e costruiscono complessità nel tempo, portando a previsioni verificabili che i ricercatori possono oggi analizzare, vagliare e confrontare con i dati misurati da esperimenti terrestri e dallo spazio.

«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

Ma c’è un problema: questa teoria include troppi parametri “liberi”, ovvero parametri “regolabili”, che possono essere modificati a piacimento. Nella scienza troppa flessibilità può essere problematica perché rende difficile capire se un modello adottato stia veramente prevedendo qualcosa o se si stia semplicemente adattando, a posteriori, ai dati osservati.

Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

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Queste increspature gravitazionali evolvono in modo non lineare, il che significa che interagiscono e costruiscono complessità nel tempo, portando a previsioni verificabili che i ricercatori possono oggi analizzare, vagliare e confrontare con i dati misurati da esperimenti terrestri e dallo spazio.

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«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Ma c’è un problema: questa teoria include troppi parametri “liberi”, ovvero parametri “regolabili”, che possono essere modificati a piacimento. Nella scienza troppa flessibilità può essere problematica perché rende difficile capire se un modello adottato stia veramente prevedendo qualcosa o se si stia semplicemente adattando, a posteriori, ai dati osservati.

Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

Il nuovo modello non si basa su ipotetici campi o particelle come, ad esempio, il campo chiamato “inflatone”. Piuttosto suggerisce che le naturali oscillazioni quantistiche dello spazio-tempo stesso sotto forma di onde gravitazionali quantistiche (“gravitoni”) siano state sufficienti a innescare le minuscole fluttuazioni di densità che alla fine hanno dato origine a galassie, stelle e pianeti.

Queste increspature gravitazionali evolvono in modo non lineare, il che significa che interagiscono e costruiscono complessità nel tempo, portando a previsioni verificabili che i ricercatori possono oggi analizzare, vagliare e confrontare con i dati misurati da esperimenti terrestri e dallo spazio.

«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Un team di scienziati, tra cui Daniele Bertacca e Sabino Matarrese del Dipartimento di Fisica e astronomia G. Galilei dell’Università di Padova, in collaborazione con i colleghi Raúl Jiménez dell’Università di Barcellona e Angelo Ricciardone dell’Università di Pisa, ha pubblicato su «Physical Review Research Letters» l'articolo “Inflation without an inflaton” in cui si propone una nuova teoria sull’origine del nostro Universo. La nuova visione teorica introduce un cambiamento radicale sulla comprensione dei primissimi istanti di vita dell’Universo, senza fare affidamento su alcuni elementi speculativi tradizionalmente ipotizzati nella teoria standard dell’Inflazione.

Per decenni cosmologi e cosmologhe hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi. Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie.

Ma c’è un problema: questa teoria include troppi parametri “liberi”, ovvero parametri “regolabili”, che possono essere modificati a piacimento. Nella scienza troppa flessibilità può essere problematica perché rende difficile capire se un modello adottato stia veramente prevedendo qualcosa o se si stia semplicemente adattando, a posteriori, ai dati osservati.

Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

Il nuovo modello non si basa su ipotetici campi o particelle come, ad esempio, il campo chiamato “inflatone”. Piuttosto suggerisce che le naturali oscillazioni quantistiche dello spazio-tempo stesso sotto forma di onde gravitazionali quantistiche (“gravitoni”) siano state sufficienti a innescare le minuscole fluttuazioni di densità che alla fine hanno dato origine a galassie, stelle e pianeti.

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«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Un team di scienziati, tra cui Daniele Bertacca e Sabino Matarrese del Dipartimento di Fisica e astronomia G. Galilei dell’Università di Padova, in collaborazione con i colleghi Raúl Jiménez dell’Università di Barcellona e Angelo Ricciardone dell’Università di Pisa, ha pubblicato su «Physical Review Research Letters» l'articolo “Inflation without an inflaton” in cui si propone una nuova teoria sull’origine del nostro Universo. La nuova visione teorica introduce un cambiamento radicale sulla comprensione dei primissimi istanti di vita dell’Universo, senza fare affidamento su alcuni elementi speculativi tradizionalmente ipotizzati nella teoria standard dell’Inflazione.

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Il team internazionale di ricerca ha proposto un nuovo modello in cui l’Universo primordiale non ha bisogno di nessuno di questi parametri arbitrari, ma di una sola scala di energia che determina tutte le predizioni osservabili. I ricercatori partono da uno stato cosmico ben consolidato noto come spazio-tempo di de Sitter. Quest’ultimo è un modello geometrico di Universo dominato dall’energia del vuoto che si espande accelerando: uno spazio-tempo che si espande in modo accelerato in ogni punto, come un palloncino che si gonfia sempre più velocemente.

Il nuovo modello non si basa su ipotetici campi o particelle come, ad esempio, il campo chiamato “inflatone”. Piuttosto suggerisce che le naturali oscillazioni quantistiche dello spazio-tempo stesso sotto forma di onde gravitazionali quantistiche (“gravitoni”) siano state sufficienti a innescare le minuscole fluttuazioni di densità che alla fine hanno dato origine a galassie, stelle e pianeti.

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«Comprendere l’origine dell’Universo non è solo una ricerca filosofica, ci aiuta a rispondere a domande fondamentali su chi siamo e da dove proviene tutto. Questa nuova proposta fornisce un quadro essenziale ma potente: offre previsioni chiare che le future osservazioni, come la misurazione dell’ampiezza delle onde gravitazionali primordiali e lo studio statistico della struttura cosmica, potranno eventualmente confermare o confutare - dicono gli autori della nuova teoria pubblicata -. Non solo, questo nuovo approccio dimostra che non sono necessari ulteriori ingredienti speculativi per spiegare il cosmo, ma solo di una profonda comprensione della gravità e della fisica quantistica. Questo modello potrebbe segnare un nuovo capitolo nel modo in cui pensiamo alla nascita dell’Universo».

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Trasparenza - Alberto Scuttari Incarico Atti di conferimento dell'incarico

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