In ambito psicosociale il termine “mentoring” viene ad oggi utilizzato per indicare una tipologia di programmi di prevenzione basati sulla creazione di una nuova relazione di sostegno uno–a–uno tra una figura adulta non istituzionale, il mentore, e un minore a rischio, il mentee, finalizzata a facilitare lo sviluppo sociale e personale di quest’ultimo.
Numerosi studi internazionali evidenziano l’efficacia di queste attività, con effetti positivi per quanto riguarda la sfera scolastica, il coinvolgimento in comportamenti salutari (vs a rischio) ed il benessere emotivo e psicologico.
Il mentore svolge questa attività come possibilità di esperire un’occasione di arricchimento personale, sociale e formativo: il suo compito è quello di cercare di favorire la crescita e l’indipendenza del mentee offrendogli ascolto, consigli, nuovi stimoli, esempi positivi di comportamenti finalizzati al raggiungimento di obiettivi specifici, aiutando il mentee a trasformare le proprie esperienze di vita in occasioni di apprendimento, favorendo momenti di riflessione e di soluzione di problemi, aiutandolo a colmare eventuali lacune scolastiche, o ancora incoraggiandolo ad identificarsi con la comunità in cui vive e a diventarne un partecipante attivo.
I mentee sono ragazzi e ragazze che vivono alcune difficoltà e situazioni a rischio: ad esempio possono provenire da un ambiente famigliare svantaggiato, un contesto sociale poco stimolante, essere carenti di figure di riferimento, presentare difficoltà linguistiche, scolastiche, relazionali o di integrazione nel quartiere e nel territorio.
In un progetto di mentoring, dunque, sia il mentore sia il mentee investono tempo ed energia per sviluppare una relazione personale intima e reciproca, dalla quale entrambi traggono piacere e soddisfazione, volta al raggiungimento di obiettivi concordati e condivisi.
Per altre informazioni: https://lilia.dpss.psy.unipd.it/mentor-up/index.php
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