“Cure Alzheimer's Fund” finanzia per la prima volta un team italiano

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Il “Cure Alzheimer's Fund”, una delle maggiori organizzazioni non‐profit statunitensi che finanziano le ricerche sul morbo di Alzheimer, ha deciso di finanziare un progetto di ricerca collaborativo biennale - l’unico in Italia - dell’importo di 345.000 dollari proposto dai laboratori di Paola Pizzo, del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova, e di Francesco Di Virgilio, dell’Università di Ferrara. Il progetto è stato considerato molto innovativo dal comitato scientifico di selezione perché si propone di studiare la neuro‐infiammazione che caratterizza questa malattia e di sviluppare un protocollo terapeutico sperimentale basato sulla modulazione di un particolare recettore per l’ATP, denominato P2X7, presente soprattutto nelle cellule non‐neuronali chiamate microglia, e sul controllo dei livelli extracellulari di ATP nell’interstizio cerebrale.

La professoressa Paola Pizzo si occupa da tempo dello studio del morbo di Alzheimer, in particolare dei meccanismi cellulari alla base della neurodegenerazione nelle forme genetiche molto aggressive e precoci della patologia determinate da mutazioni in Presenilina 2. Il Professor Francesco Di Virgilio è invece un leader internazionale nello studio dell’infiammazione mediata dalla molecola extracellulare ATP attraverso la sua interazione con il recettore purinergico P2X7, soprattutto in ambito oncologico e nelle malattie infiammatorie croniche.

La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza nel mondo, è stata oggetto di intensi studi sperimentali e clinici per molti decenni, ma un’efficace terapia non è ancora disponibile. Non solo, molti ricercatori sono addirittura convinti che le attuali strategie di ricerca non abbiano alcun futuro. Ciò ha portato alcune delle più importanti ditte farmaceutiche ad abbandonare la ricerca su questa malattia. Quindi, tutte le principali associazioni internazionali che sostengono gli studi in questo campo sollecitano con urgenza idee originali che indichino nuovi approcci terapeutici.

Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

Il progetto di ricerca prevede anche uno studio in campioni biologici (sangue e liquor) raccolti da pazienti con disturbi cognitivi lievi (MCI, Mild Cognitive Impairment) o con morbo di Alzheimer, forniti da Carlo Gabelli, direttore del Centro di Ricerca dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC) dell’Azienda Ospedaliera di Padova, al fine di determinare se la presenza del recettore P2X7 attivato in fluidi periferici può essere considerato un biomarcatore precoce di neurodegenerazione.

«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza nel mondo, è stata oggetto di intensi studi sperimentali e clinici per molti decenni, ma un’efficace terapia non è ancora disponibile. Non solo, molti ricercatori sono addirittura convinti che le attuali strategie di ricerca non abbiano alcun futuro. Ciò ha portato alcune delle più importanti ditte farmaceutiche ad abbandonare la ricerca su questa malattia. Quindi, tutte le principali associazioni internazionali che sostengono gli studi in questo campo sollecitano con urgenza idee originali che indichino nuovi approcci terapeutici.

Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

Il progetto di ricerca prevede anche uno studio in campioni biologici (sangue e liquor) raccolti da pazienti con disturbi cognitivi lievi (MCI, Mild Cognitive Impairment) o con morbo di Alzheimer, forniti da Carlo Gabelli, direttore del Centro di Ricerca dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC) dell’Azienda Ospedaliera di Padova, al fine di determinare se la presenza del recettore P2X7 attivato in fluidi periferici può essere considerato un biomarcatore precoce di neurodegenerazione.

«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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La professoressa Paola Pizzo si occupa da tempo dello studio del morbo di Alzheimer, in particolare dei meccanismi cellulari alla base della neurodegenerazione nelle forme genetiche molto aggressive e precoci della patologia determinate da mutazioni in Presenilina 2. Il Professor Francesco Di Virgilio è invece un leader internazionale nello studio dell’infiammazione mediata dalla molecola extracellulare ATP attraverso la sua interazione con il recettore purinergico P2X7, soprattutto in ambito oncologico e nelle malattie infiammatorie croniche.

La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza nel mondo, è stata oggetto di intensi studi sperimentali e clinici per molti decenni, ma un’efficace terapia non è ancora disponibile. Non solo, molti ricercatori sono addirittura convinti che le attuali strategie di ricerca non abbiano alcun futuro. Ciò ha portato alcune delle più importanti ditte farmaceutiche ad abbandonare la ricerca su questa malattia. Quindi, tutte le principali associazioni internazionali che sostengono gli studi in questo campo sollecitano con urgenza idee originali che indichino nuovi approcci terapeutici.

Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

Il progetto di ricerca prevede anche uno studio in campioni biologici (sangue e liquor) raccolti da pazienti con disturbi cognitivi lievi (MCI, Mild Cognitive Impairment) o con morbo di Alzheimer, forniti da Carlo Gabelli, direttore del Centro di Ricerca dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC) dell’Azienda Ospedaliera di Padova, al fine di determinare se la presenza del recettore P2X7 attivato in fluidi periferici può essere considerato un biomarcatore precoce di neurodegenerazione.

«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza nel mondo, è stata oggetto di intensi studi sperimentali e clinici per molti decenni, ma un’efficace terapia non è ancora disponibile. Non solo, molti ricercatori sono addirittura convinti che le attuali strategie di ricerca non abbiano alcun futuro. Ciò ha portato alcune delle più importanti ditte farmaceutiche ad abbandonare la ricerca su questa malattia. Quindi, tutte le principali associazioni internazionali che sostengono gli studi in questo campo sollecitano con urgenza idee originali che indichino nuovi approcci terapeutici.

Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

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«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

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«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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Il “Cure Alzheimer's Fund”, una delle maggiori organizzazioni non‐profit statunitensi che finanziano le ricerche sul morbo di Alzheimer, ha deciso di finanziare un progetto di ricerca collaborativo biennale - l’unico in Italia - dell’importo di 345.000 dollari proposto dai laboratori di Paola Pizzo, del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova, e di Francesco Di Virgilio, dell’Università di Ferrara. Il progetto è stato considerato molto innovativo dal comitato scientifico di selezione perché si propone di studiare la neuro‐infiammazione che caratterizza questa malattia e di sviluppare un protocollo terapeutico sperimentale basato sulla modulazione di un particolare recettore per l’ATP, denominato P2X7, presente soprattutto nelle cellule non‐neuronali chiamate microglia, e sul controllo dei livelli extracellulari di ATP nell’interstizio cerebrale.

La professoressa Paola Pizzo si occupa da tempo dello studio del morbo di Alzheimer, in particolare dei meccanismi cellulari alla base della neurodegenerazione nelle forme genetiche molto aggressive e precoci della patologia determinate da mutazioni in Presenilina 2. Il Professor Francesco Di Virgilio è invece un leader internazionale nello studio dell’infiammazione mediata dalla molecola extracellulare ATP attraverso la sua interazione con il recettore purinergico P2X7, soprattutto in ambito oncologico e nelle malattie infiammatorie croniche.

La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza nel mondo, è stata oggetto di intensi studi sperimentali e clinici per molti decenni, ma un’efficace terapia non è ancora disponibile. Non solo, molti ricercatori sono addirittura convinti che le attuali strategie di ricerca non abbiano alcun futuro. Ciò ha portato alcune delle più importanti ditte farmaceutiche ad abbandonare la ricerca su questa malattia. Quindi, tutte le principali associazioni internazionali che sostengono gli studi in questo campo sollecitano con urgenza idee originali che indichino nuovi approcci terapeutici.

Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

Il progetto di ricerca prevede anche uno studio in campioni biologici (sangue e liquor) raccolti da pazienti con disturbi cognitivi lievi (MCI, Mild Cognitive Impairment) o con morbo di Alzheimer, forniti da Carlo Gabelli, direttore del Centro di Ricerca dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC) dell’Azienda Ospedaliera di Padova, al fine di determinare se la presenza del recettore P2X7 attivato in fluidi periferici può essere considerato un biomarcatore precoce di neurodegenerazione.

«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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La professoressa Paola Pizzo si occupa da tempo dello studio del morbo di Alzheimer, in particolare dei meccanismi cellulari alla base della neurodegenerazione nelle forme genetiche molto aggressive e precoci della patologia determinate da mutazioni in Presenilina 2. Il Professor Francesco Di Virgilio è invece un leader internazionale nello studio dell’infiammazione mediata dalla molecola extracellulare ATP attraverso la sua interazione con il recettore purinergico P2X7, soprattutto in ambito oncologico e nelle malattie infiammatorie croniche.

La malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza nel mondo, è stata oggetto di intensi studi sperimentali e clinici per molti decenni, ma un’efficace terapia non è ancora disponibile. Non solo, molti ricercatori sono addirittura convinti che le attuali strategie di ricerca non abbiano alcun futuro. Ciò ha portato alcune delle più importanti ditte farmaceutiche ad abbandonare la ricerca su questa malattia. Quindi, tutte le principali associazioni internazionali che sostengono gli studi in questo campo sollecitano con urgenza idee originali che indichino nuovi approcci terapeutici.

Il team interuniversitario italiano, guidato da Pizzo e Di Virgilio, è stato riconosciuto come indiscusso gruppo di riferimento internazionale per entrambi questi temi di ricerca, la malattia di Alzheimer e il segnale infiammatorio innescato dall’ATP extracellulare e dal recettore P2X7.

«La nostra ricerca – spiega Paola Pizzo – ha lo scopo di individuare dei meccanismi precoci di attivazione dell’infiammazione cerebrale che potenzia e amplifica la neurodegenerazione caratterizzante la malattia. Un ruolo importante in questo è svolto dalle cellule non neuronali della microglia che rispondono ad un segnale, l’ATP extracellulare, principalmente attraverso il recettore P2X7. È stato dimostrato che nell’interstizio cerebrale infiammato sono presenti alte concentrazioni di questa molecola segnale responsabili dell’innesco di una cascata amplificativa di eventi culminanti nella morte neuronale – continua Pizzo –. Andando a modulare o a bloccare l’attività del recettore P2X7 auspichiamo di ridurre di molto tali fenomeni, preservando la funzionalità neuronale».

Il progetto di ricerca prevede anche uno studio in campioni biologici (sangue e liquor) raccolti da pazienti con disturbi cognitivi lievi (MCI, Mild Cognitive Impairment) o con morbo di Alzheimer, forniti da Carlo Gabelli, direttore del Centro di Ricerca dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC) dell’Azienda Ospedaliera di Padova, al fine di determinare se la presenza del recettore P2X7 attivato in fluidi periferici può essere considerato un biomarcatore precoce di neurodegenerazione.

«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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«La possibilità di avere dei biomarcatori specifici e precoci di malattia è di fondamentale importanza per contrastare questa patologia, perché permetterebbe – conclude Pizzo – l’identificazione del processo neurodegenerativo prima di qualsiasi manifestazione clinica di demenza (momento in cui attualmente si inizia il trattamento farmacologico con un mero effetto palliativo), e la somministrazione al paziente di terapie innovative in un arco temporale precoce, ampliando di molto le possibilità di successo nel contrastare o bloccare la malattia».

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avviso

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Avviso del 6 luglio 2021: Si comunica che sono stati risolti i problemi verificatisi nel corso della giornata di ieri nella piattaforma per l'accesso dei candidati alla propria prova, causati da un disallineamento nel caricamento dei documenti da parte della Società che collabora con l'Ateneo per la gestione della procedura

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Avviso del 6 luglio 2021: Si comunica che sono stati risolti i problemi verificatisi nel corso della giornata di ieri nella piattaforma per l'accesso dei candidati alla propria prova, causati da un disallineamento nel caricamento dei documenti da parte della Società che collabora con l'Ateneo per la gestione della procedura

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Avviso del 6 luglio 2021: Si comunica che sono stati risolti i problemi verificatisi nel corso della giornata di ieri nella piattaforma per l'accesso dei candidati alla propria prova, causati da un disallineamento nel caricamento dei documenti da parte della Società che collabora con l'Ateneo per la gestione della procedura

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2020PO185 - Allegato 9 - Verbale 4

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Organigramma privacy

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Soggetti autorizzati al trattamento di dati personali

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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
- Dottorandi, assegnisti e specializzandi
- Collaboratori esterni anche occasionali
- Laureandi, tirocinanti e frequentatori

I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
2. Partecipano ai percorsi formativi programmati dall’Università in materia di protezione dati;
3. Collaborano per la corretta gestione delle richieste di esercizio dei diritti degli interessati;
4. Segnalano con tempestività al referente organizzativo privacy eventuali incidenti, furti, perdite di dati o altre eventuali violazioni di dati personali (c.d. data breach)

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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
- Dottorandi, assegnisti e specializzandi
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- Laureandi, tirocinanti e frequentatori

I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
- Dottorandi, assegnisti e specializzandi
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- Laureandi, tirocinanti e frequentatori

I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
2. Partecipano ai percorsi formativi programmati dall’Università in materia di protezione dati;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
- Dottorandi, assegnisti e specializzandi
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- Laureandi, tirocinanti e frequentatori

I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
2. Partecipano ai percorsi formativi programmati dall’Università in materia di protezione dati;
3. Collaborano per la corretta gestione delle richieste di esercizio dei diritti degli interessati;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
- Dottorandi, assegnisti e specializzandi
- Collaboratori esterni anche occasionali
- Laureandi, tirocinanti e frequentatori

I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
2. Partecipano ai percorsi formativi programmati dall’Università in materia di protezione dati;
3. Collaborano per la corretta gestione delle richieste di esercizio dei diritti degli interessati;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
- Dottorandi, assegnisti e specializzandi
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I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

Personale dipendente
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I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

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I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

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I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
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Nei limiti delle attività istituzionali svolte sotto l’autorità dell’Università, sono autorizzati al trattamento dei dati personali:

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I soggetti autorizzati al trattamento dei dati personali:
1. Rispettano le istruzioni impartite dall’Università per il corretto trattamento di dati personali nello svolgimento delle proprie attività istituzionali;
2. Partecipano ai percorsi formativi programmati dall’Università in materia di protezione dati;
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Referenti organizzativi per la privacy

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Amministrazione centrale:
- Direttori di ufficio
- Responsabili di settore

Ambito gestionale e amministrativo:
- Segretari di dipartimento
- Responsabili tecnici e gestionali
- Responsabili di settore

Ambito formazione:
- Presidenti delle Scuole di Ateneo
- Presidenti dei corsi di studio
- Coordinatori e coordinatrici Scuole di dottorato
- Direttrici e direttori Scuole di specializzazione
- Direttrici e direttori di Master

Ambito ricerca e terza missione:
- Responsabili dei progetti di ricerca
- Coordinatori e coordinatrici tecnico-scientifici

I referenti organizzativi, nell’ambito dei procedimenti, delle attività o dei progetti di cui sono responsabili:
1. Adottano le misure tecniche e organizzative necessarie per garantire il rispetto delle privacy policy di Ateneo e della struttura di riferimento;
2. Vigilano sul rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da parte dei soggetti autorizzati al trattamento;
3. Garantiscono che al momento della raccolta dei dati sia resa agli interessati l’informativa ai sensi degli artt. 13 e 14 del GDPR;
4. Comunicano al delegato della struttura di riferimento eventuali esigenze di aggiornamento delle informative e del Registro dei trattamenti;
5. Collaborano per garantire l’esercizio dei diritti degli interessati;
6. Segnalano al delegato della struttura di riferimento ogni violazione, anche solo presunta, di dati personali (c.d. data breach).

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Ambito gestionale e amministrativo:
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Ambito formazione:
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Ambito ricerca e terza missione:
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I referenti organizzativi, nell’ambito dei procedimenti, delle attività o dei progetti di cui sono responsabili:
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Amministrazione centrale:
- Direttori di ufficio
- Responsabili di settore

Ambito gestionale e amministrativo:
- Segretari di dipartimento
- Responsabili tecnici e gestionali
- Responsabili di settore

Ambito formazione:
- Presidenti delle Scuole di Ateneo
- Presidenti dei corsi di studio
- Coordinatori e coordinatrici Scuole di dottorato
- Direttrici e direttori Scuole di specializzazione
- Direttrici e direttori di Master

Ambito ricerca e terza missione:
- Responsabili dei progetti di ricerca
- Coordinatori e coordinatrici tecnico-scientifici

I referenti organizzativi, nell’ambito dei procedimenti, delle attività o dei progetti di cui sono responsabili:
1. Adottano le misure tecniche e organizzative necessarie per garantire il rispetto delle privacy policy di Ateneo e della struttura di riferimento;
2. Vigilano sul rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da parte dei soggetti autorizzati al trattamento;
3. Garantiscono che al momento della raccolta dei dati sia resa agli interessati l’informativa ai sensi degli artt. 13 e 14 del GDPR;
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I referenti organizzativi, nell’ambito dei procedimenti, delle attività o dei progetti di cui sono responsabili:
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Amministrazione centrale:
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I referenti organizzativi, nell’ambito dei procedimenti, delle attività o dei progetti di cui sono responsabili:
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Delegati privacy

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Per l’Amministrazione centrale: Dirigenti

Per le strutture decentrate: Responsabili di struttura
- Direttrici e direttori di dipartimento
- Direttrici e Direttori o Presidenti di centro

I delegati privacy, nei limiti delle proprie competenze gestionali:
1. Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati;
2. Garantiscono, in collaborazione con i referenti organizzativi per la privacy, l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito delle attività gestite dalle rispettive strutture, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 5 e 25 del GDPR e delle privacy policy di Ateneo;
3. Vigilano sul rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da parte del personale e degli altri soggetti autorizzati al trattamento operanti nella struttura di cui sono responsabili;
4. Garantiscono l’adeguata formazione in materia di protezione dei dati personali del personale e degli altri autorizzati al trattamento afferenti alla struttura di cui sono responsabili;
5. Predispongono le necessarie misure di sicurezza dei sistemi informatici gestiti in autonomia dalle strutture di cui sono responsabili, in accordo con le indicazioni impartite dal Responsabile per la Transizione Digitale (RTD);
6. Individuano uno o più “esperti privacy” tra i soggetti che per esperienza, capacità e affidabilità forniscono idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali, con il compito di supportare il delegato, i referenti organizzativi privacy e gli amministratori di sistema della struttura;
7. Predispongono e aggiornano le informative e il registro dei trattamenti dei dati personali gestiti in maniera autonoma dalla struttura di cui sono responsabili, indicando in particolare: a) finalità e modalità del trattamento, b) natura dei dati, luogo dove sono custoditi, categorie di interessati a cui i dati si riferiscono, c) ambito di comunicazione dei dati, d) misure di sicurezza adottate;
8. Assicurano l’esercizio dei diritti degli interessati;
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Per l’Amministrazione centrale: Dirigenti

Per le strutture decentrate: Responsabili di struttura
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Per l’Amministrazione centrale: Dirigenti

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Per l’Amministrazione centrale: Dirigenti

Per le strutture decentrate: Responsabili di struttura
- Direttrici e direttori di dipartimento
- Direttrici e Direttori o Presidenti di centro

I delegati privacy, nei limiti delle proprie competenze gestionali:
1. Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati;
2. Garantiscono, in collaborazione con i referenti organizzativi per la privacy, l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito delle attività gestite dalle rispettive strutture, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 5 e 25 del GDPR e delle privacy policy di Ateneo;
3. Vigilano sul rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da parte del personale e degli altri soggetti autorizzati al trattamento operanti nella struttura di cui sono responsabili;
4. Garantiscono l’adeguata formazione in materia di protezione dei dati personali del personale e degli altri autorizzati al trattamento afferenti alla struttura di cui sono responsabili;
5. Predispongono le necessarie misure di sicurezza dei sistemi informatici gestiti in autonomia dalle strutture di cui sono responsabili, in accordo con le indicazioni impartite dal Responsabile per la Transizione Digitale (RTD);
6. Individuano uno o più “esperti privacy” tra i soggetti che per esperienza, capacità e affidabilità forniscono idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali, con il compito di supportare il delegato, i referenti organizzativi privacy e gli amministratori di sistema della struttura;
7. Predispongono e aggiornano le informative e il registro dei trattamenti dei dati personali gestiti in maniera autonoma dalla struttura di cui sono responsabili, indicando in particolare: a) finalità e modalità del trattamento, b) natura dei dati, luogo dove sono custoditi, categorie di interessati a cui i dati si riferiscono, c) ambito di comunicazione dei dati, d) misure di sicurezza adottate;
8. Assicurano l’esercizio dei diritti degli interessati;
9. Garantiscono il rispetto della procedura di comunicazione delle violazioni di dati personali (c.d. data breach).

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Per l’Amministrazione centrale: Dirigenti

Per le strutture decentrate: Responsabili di struttura
- Direttrici e direttori di dipartimento
- Direttrici e Direttori o Presidenti di centro

I delegati privacy, nei limiti delle proprie competenze gestionali:
1. Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati;
2. Garantiscono, in collaborazione con i referenti organizzativi per la privacy, l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito delle attività gestite dalle rispettive strutture, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 5 e 25 del GDPR e delle privacy policy di Ateneo;
3. Vigilano sul rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da parte del personale e degli altri soggetti autorizzati al trattamento operanti nella struttura di cui sono responsabili;
4. Garantiscono l’adeguata formazione in materia di protezione dei dati personali del personale e degli altri autorizzati al trattamento afferenti alla struttura di cui sono responsabili;
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1. Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati;
2. Garantiscono, in collaborazione con i referenti organizzativi per la privacy, l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito delle attività gestite dalle rispettive strutture, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 5 e 25 del GDPR e delle privacy policy di Ateneo;
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1. Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati;
2. Garantiscono, in collaborazione con i referenti organizzativi per la privacy, l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito delle attività gestite dalle rispettive strutture, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 5 e 25 del GDPR e delle privacy policy di Ateneo;
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1. Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati;
2. Garantiscono, in collaborazione con i referenti organizzativi per la privacy, l’adozione delle misure tecniche e organizzative necessarie per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito delle attività gestite dalle rispettive strutture, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 5 e 25 del GDPR e delle privacy policy di Ateneo;
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Rappresentanza legale ai fini privacy

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Sottoscrivono accordi e ogni altro atto riferibile all’Università in qualità di titolare o di responsabile del trattamento dei dati personali, nell’ambito delle competenze attribuite dalla legge e dalla normativa di Ateneo:

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