Disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività. Quando il corpo parla

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La capacità di bambine e bambini di inibire azioni automatiche permette loro di regolare flessibilmente il proprio comportamento a seconda degli eventi dinamici dell’ambiente esterno. Questa abilità richiede che i bambini, implicitamente, controllino i propri movimenti, in una stretta relazione mente-corpo.

Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

Un team di ricerca delle Università di Padova e di Bologna si è posto l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i loro movimenti durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione attraverso l'utilizzo di strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.

I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

«In questa ricerca – aggiunge Irene Valori, prima autrice dello studio, che ha appena concluso il suo dottorato in Psicologia nell’Ateneo patavino – è stata monitorata l’attività motoria dei bambini in età scolare (con o senza una diagnosi di ADHD) mentre svolgevano una prova di inibizione di azioni automatiche. I risultati suggeriscono che anche i bambini con ADHD completano correttamente la prova, ma dedicano minori risorse alla pianificazione dei movimenti con cui svolgono il compito. Nonostante il controllo dell’azione possa aver compensato e portato a una buona prestazione, questa strategia rende difficile l'inibizione in situazioni quotidiane più complesse, in cui l’impulsività (ad esempio la voglia di mangiare senza aspettare i compagni) è difficile da contenere, soprattutto per bambini con ADHD».

«In altre parole – continua Farroni –, i bambini con ADHD hanno difficoltà di pianificazione che possono restare “invisibili” alle prove neuropsicologiche classiche. Usando sensori cinematici di ultima generazione e facili da utilizzare possiamo capire più a fondo questi processi e potenziarli attraverso specifici training».

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Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

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Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

Un team di ricerca delle Università di Padova e di Bologna si è posto l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i loro movimenti durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione attraverso l'utilizzo di strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.

I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

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Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

Un team di ricerca delle Università di Padova e di Bologna si è posto l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i loro movimenti durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione attraverso l'utilizzo di strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.

I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

«In questa ricerca – aggiunge Irene Valori, prima autrice dello studio, che ha appena concluso il suo dottorato in Psicologia nell’Ateneo patavino – è stata monitorata l’attività motoria dei bambini in età scolare (con o senza una diagnosi di ADHD) mentre svolgevano una prova di inibizione di azioni automatiche. I risultati suggeriscono che anche i bambini con ADHD completano correttamente la prova, ma dedicano minori risorse alla pianificazione dei movimenti con cui svolgono il compito. Nonostante il controllo dell’azione possa aver compensato e portato a una buona prestazione, questa strategia rende difficile l'inibizione in situazioni quotidiane più complesse, in cui l’impulsività (ad esempio la voglia di mangiare senza aspettare i compagni) è difficile da contenere, soprattutto per bambini con ADHD».

«In altre parole – continua Farroni –, i bambini con ADHD hanno difficoltà di pianificazione che possono restare “invisibili” alle prove neuropsicologiche classiche. Usando sensori cinematici di ultima generazione e facili da utilizzare possiamo capire più a fondo questi processi e potenziarli attraverso specifici training».

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Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

Un team di ricerca delle Università di Padova e di Bologna si è posto l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i loro movimenti durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione attraverso l'utilizzo di strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.

I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

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La capacità di bambine e bambini di inibire azioni automatiche permette loro di regolare flessibilmente il proprio comportamento a seconda degli eventi dinamici dell’ambiente esterno. Questa abilità richiede che i bambini, implicitamente, controllino i propri movimenti, in una stretta relazione mente-corpo.

Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

Un team di ricerca delle Università di Padova e di Bologna si è posto l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i loro movimenti durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione attraverso l'utilizzo di strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.

I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

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Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

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I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

«In questa ricerca – aggiunge Irene Valori, prima autrice dello studio, che ha appena concluso il suo dottorato in Psicologia nell’Ateneo patavino – è stata monitorata l’attività motoria dei bambini in età scolare (con o senza una diagnosi di ADHD) mentre svolgevano una prova di inibizione di azioni automatiche. I risultati suggeriscono che anche i bambini con ADHD completano correttamente la prova, ma dedicano minori risorse alla pianificazione dei movimenti con cui svolgono il compito. Nonostante il controllo dell’azione possa aver compensato e portato a una buona prestazione, questa strategia rende difficile l'inibizione in situazioni quotidiane più complesse, in cui l’impulsività (ad esempio la voglia di mangiare senza aspettare i compagni) è difficile da contenere, soprattutto per bambini con ADHD».

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Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

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I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

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La capacità di bambine e bambini di inibire azioni automatiche permette loro di regolare flessibilmente il proprio comportamento a seconda degli eventi dinamici dell’ambiente esterno. Questa abilità richiede che i bambini, implicitamente, controllino i propri movimenti, in una stretta relazione mente-corpo.

Le bambine e i bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività (ADHD, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.

Un team di ricerca delle Università di Padova e di Bologna si è posto l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i loro movimenti durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione attraverso l'utilizzo di strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.

I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD sulla rivista «Scientific Reports».

I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” – che cattura varie caratteristiche del movimento del bambino – impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.

«Come si muove il nostro corpo racconta la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio».

«In questa ricerca – aggiunge Irene Valori, prima autrice dello studio, che ha appena concluso il suo dottorato in Psicologia nell’Ateneo patavino – è stata monitorata l’attività motoria dei bambini in età scolare (con o senza una diagnosi di ADHD) mentre svolgevano una prova di inibizione di azioni automatiche. I risultati suggeriscono che anche i bambini con ADHD completano correttamente la prova, ma dedicano minori risorse alla pianificazione dei movimenti con cui svolgono il compito. Nonostante il controllo dell’azione possa aver compensato e portato a una buona prestazione, questa strategia rende difficile l'inibizione in situazioni quotidiane più complesse, in cui l’impulsività (ad esempio la voglia di mangiare senza aspettare i compagni) è difficile da contenere, soprattutto per bambini con ADHD».

«In altre parole – continua Farroni –, i bambini con ADHD hanno difficoltà di pianificazione che possono restare “invisibili” alle prove neuropsicologiche classiche. Usando sensori cinematici di ultima generazione e facili da utilizzare possiamo capire più a fondo questi processi e potenziarli attraverso specifici training».

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RICERCA - DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E/O IPERATTIVITÀ: QUANDO È IL CORPO CHE PARLA

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2022PO183 - Allegato 21 - DR proroga lavori

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2022RUB03 - Allegato 12 - Verbale 2 - Elenco candidati e convocazione

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Borsa di studio Scuola spec Allevamento, igiene, patologia delle specie acquatiche

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Avviso di immatricolazione Scuola spec Allevamento, igiene, patologia delle specie acquatiche

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Graduatoria generale di merito Scuola spec Allevamento, igiene, patologia delle specie acquatiche

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Dubbio sulla univocità della materia oscura quale componente non visibile delle galassie

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Nell’articolo The impact of binaries on the dynamical mass estimate of dwarf galaxies la ricercatrice Camilla Pianta e Giovanni Carraro docente del Dipartimento di Fisica e astronomia dell’Università di Padova, con Roberto Capuzzo Dolcetta dell’Università La Sapienza di Roma, provano a considerare una possibile alternativa alla materia oscura quale componente delle galassie nane satelliti della Via Lattea che, essendo gli oggetti più antichi presenti della Galassia, conservano le caratteristiche dell’universo primordiale che si ritiene fosse dominato proprio dagli aloni di materia oscura.
L’esistenza di materia oscura all’interno delle galassie nane viene stimata misurando un parametro chiamato rapporto massa-luminosità: se la massa è maggiore della luminosità significa che il sistema deve possedere della massa che non emette lucer, quindi non costituita da stelle; da qui il nome materia oscura. Ma le stelle visibili di un sistema stellare delle galassie nane, specie se ultra-faint, sono poche in realtà, quindi non sufficienti per misurare la massa del sistema, per questo gli astronomi prendono in considerazione un altro parametro, ovvero il moto delle poche stelle rilevate.
«Le stelle binarie – sostiene Pianta –, a differenza delle stelle singole, presentano un moto orbitale di una componente rispetto all’altra e possono alterare la stima della massa dinamica se non vengono identificate. Siccome le galassie nane ospitano molte stelle binarie è elevato il rischio che esse non siano correttamente individuate. Quindi, maggiore è il numero di stelle binarie non individuate, maggiore è la probabilità di avere una sovrastima della massa dinamica (ossia la stima teorica derivante dal moto delle stesse) della galassia nana di cui fanno parte.» Lo studio ha esaminato le stelle binarie appartenenti sia alle galassie nane di tipo sferoidale sia a quelle ultra-faint. Nelle nane sferoidali la percentuale di stelle binarie non identificate come tali non è risultata sufficiente a giustificare il valore del rapporto massa /luminosità (ovvero la massa delle galassie stimata utilizzando il moto delle binarie non è abbastanza alta da giustificare il valore rilevato).

Nelle galassie ultra-faint invece il rapporto massa/luminosità – sempre con calcolo derivante dal moto delle binarie – risulta compatibile con valore della massa osservato.Questo porta a concludere che l’ipotesi della presenza stelle binarie quale alternativa alla materia oscura per spiegare ciò che di queste galassie non è osservabile a telescopio, può essere presa in considerazione solo nel caso delle galassie ultra-faint. Si è dunque inserita una “crepa” di dubbio sulla univocità della materia oscura quale componente non visibile delle galassie.

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Nelle galassie ultra-faint invece il rapporto massa/luminosità – sempre con calcolo derivante dal moto delle binarie – risulta compatibile con valore della massa osservato.Questo porta a concludere che l’ipotesi della presenza stelle binarie quale alternativa alla materia oscura per spiegare ciò che di queste galassie non è osservabile a telescopio, può essere presa in considerazione solo nel caso delle galassie ultra-faint. Si è dunque inserita una “crepa” di dubbio sulla univocità della materia oscura quale componente non visibile delle galassie.

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Nelle galassie ultra-faint invece il rapporto massa/luminosità – sempre con calcolo derivante dal moto delle binarie – risulta compatibile con valore della massa osservato.Questo porta a concludere che l’ipotesi della presenza stelle binarie quale alternativa alla materia oscura per spiegare ciò che di queste galassie non è osservabile a telescopio, può essere presa in considerazione solo nel caso delle galassie ultra-faint. Si è dunque inserita una “crepa” di dubbio sulla univocità della materia oscura quale componente non visibile delle galassie.

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Nelle galassie ultra-faint invece il rapporto massa/luminosità – sempre con calcolo derivante dal moto delle binarie – risulta compatibile con valore della massa osservato.Questo porta a concludere che l’ipotesi della presenza stelle binarie quale alternativa alla materia oscura per spiegare ciò che di queste galassie non è osservabile a telescopio, può essere presa in considerazione solo nel caso delle galassie ultra-faint. Si è dunque inserita una “crepa” di dubbio sulla univocità della materia oscura quale componente non visibile delle galassie.

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Nell’articolo The impact of binaries on the dynamical mass estimate of dwarf galaxies la ricercatrice Camilla Pianta e Giovanni Carraro docente del Dipartimento di Fisica e astronomia dell’Università di Padova, con Roberto Capuzzo Dolcetta dell’Università La Sapienza di Roma, provano a considerare una possibile alternativa alla materia oscura quale componente delle galassie nane satelliti della Via Lattea che, essendo gli oggetti più antichi presenti della Galassia, conservano le caratteristiche dell’universo primordiale che si ritiene fosse dominato proprio dagli aloni di materia oscura.
L’esistenza di materia oscura all’interno delle galassie nane viene stimata misurando un parametro chiamato rapporto massa-luminosità: se la massa è maggiore della luminosità significa che il sistema deve possedere della massa che non emette lucer, quindi non costituita da stelle; da qui il nome materia oscura. Ma le stelle visibili di un sistema stellare delle galassie nane, specie se ultra-faint, sono poche in realtà, quindi non sufficienti per misurare la massa del sistema, per questo gli astronomi prendono in considerazione un altro parametro, ovvero il moto delle poche stelle rilevate.
«Le stelle binarie – sostiene Pianta –, a differenza delle stelle singole, presentano un moto orbitale di una componente rispetto all’altra e possono alterare la stima della massa dinamica se non vengono identificate. Siccome le galassie nane ospitano molte stelle binarie è elevato il rischio che esse non siano correttamente individuate. Quindi, maggiore è il numero di stelle binarie non individuate, maggiore è la probabilità di avere una sovrastima della massa dinamica (ossia la stima teorica derivante dal moto delle stesse) della galassia nana di cui fanno parte.» Lo studio ha esaminato le stelle binarie appartenenti sia alle galassie nane di tipo sferoidale sia a quelle ultra-faint. Nelle nane sferoidali la percentuale di stelle binarie non identificate come tali non è risultata sufficiente a giustificare il valore del rapporto massa /luminosità (ovvero la massa delle galassie stimata utilizzando il moto delle binarie non è abbastanza alta da giustificare il valore rilevato).

Nelle galassie ultra-faint invece il rapporto massa/luminosità – sempre con calcolo derivante dal moto delle binarie – risulta compatibile con valore della massa osservato.Questo porta a concludere che l’ipotesi della presenza stelle binarie quale alternativa alla materia oscura per spiegare ciò che di queste galassie non è osservabile a telescopio, può essere presa in considerazione solo nel caso delle galassie ultra-faint. Si è dunque inserita una “crepa” di dubbio sulla univocità della materia oscura quale componente non visibile delle galassie.

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Nell’articolo The impact of binaries on the dynamical mass estimate of dwarf galaxies la ricercatrice Camilla Pianta e Giovanni Carraro docente del Dipartimento di Fisica e astronomia dell’Università di Padova, con Roberto Capuzzo Dolcetta dell’Università La Sapienza di Roma, provano a considerare una possibile alternativa alla materia oscura quale componente delle galassie nane satelliti della Via Lattea che, essendo gli oggetti più antichi presenti della Galassia, conservano le caratteristiche dell’universo primordiale che si ritiene fosse dominato proprio dagli aloni di materia oscura.
L’esistenza di materia oscura all’interno delle galassie nane viene stimata misurando un parametro chiamato rapporto massa-luminosità: se la massa è maggiore della luminosità significa che il sistema deve possedere della massa che non emette lucer, quindi non costituita da stelle; da qui il nome materia oscura. Ma le stelle visibili di un sistema stellare delle galassie nane, specie se ultra-faint, sono poche in realtà, quindi non sufficienti per misurare la massa del sistema, per questo gli astronomi prendono in considerazione un altro parametro, ovvero il moto delle poche stelle rilevate.
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L’esistenza di materia oscura all’interno delle galassie nane viene stimata misurando un parametro chiamato rapporto massa-luminosità: se la massa è maggiore della luminosità significa che il sistema deve possedere della massa che non emette lucer, quindi non costituita da stelle; da qui il nome materia oscura. Ma le stelle visibili di un sistema stellare delle galassie nane, specie se ultra-faint, sono poche in realtà, quindi non sufficienti per misurare la massa del sistema, per questo gli astronomi prendono in considerazione un altro parametro, ovvero il moto delle poche stelle rilevate.
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2022RUB03 - Allegato 20 Verbale 1 - Criteri

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2022PO183 - Allegato 15 DR approvazione atti

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