L’Ottocento è stato per molti versi il secolo del diritto. Il codice civile del 1804, il cosiddetto Code Napoleon, ha costituito nell’immaginario giuridico, prima ancora che nella statuizione tecnico-giuridica, il momento catalizzatore di un percorso stratificato che, dalla definizione fondativa del dispositivo di sovranità (territorializzazione del dominio politico, regolarizzazione delle relazioni associativo/societarie, costruzione nazionale dell’appartenenza), è pervenuto a stabilizzare le relazioni tra gli individui lungo linee normative che nella loro generalità, anche quando non hanno trovato espressione nella scrittura codificatoria del modello francese, vengono interpretate secondo la griglia della positività giuridica.
Ma l’Ottocento è stato anche il secolo della sociologia, cioè del passaggio dal discorso della società a una costruzione socio-logica, che nella sostantivazione del proprio oggetto, la società, tende ad affermarne l’autonoma consistenza e la specifica legalità. Anche su questo versante ci si trova di fronte a un processo plurale e sfaccettato, la cui discontinuità impone di parlare di sociologie e i cui esiti in termini di istituzionalizzazione disciplinare sembrano derivare da uno scontro e da un sovrapporsi di paradigmi che scarta ogni dimensione linearmente cumulativa dei saperi. Ciò che emerge tuttavia è una dimensione normativa di ‘società’ che rende non solo consente, ma rende necessaria un’indagine di tipo concettuale sulla nozione di legge sociale, nozione che, se non sovrapponibile a quella della legge della positività giuridica, sta con essa in un rapporto di specifica tensione. In tale tensione la nozione di ‘legge sociale’ esibisce il proprio coinvolgimento in una più ampia nozione di scientificità, che fa perno su di una comparabilità (sia essa diversificante o omologante) con la legalità delle scienze della natura. I nessi di reciproca implicazione tra scienza giuridica, saperi sociologici e dinamiche disciplinari delle scienze naturali, colte soprattutto nel passaggio che vede l’emergenza delle scienze del vivente, vengono così a costituire il punto prospettico da cui indagare il normativo nell’età delle disciplinarizzazioni.
Il nesso positivizzazione del diritto - autonomizzazione della società investe nel loro insieme i saperi governamentali. In rapporto ad esso il tema settecentesco del governo, come è inteso dalla cameralistica tedesca o dall’enlightment scozzese, muta sostanzialmente: figure centrali come quella della popolazione presentano, pur nella continuità, invero a volte solo apparente, delle tecniche, una rideterminazione quando entrano in connessione con la ‘vita sociale’ o quando vengono prese dal dispositivo geopolitico dei ‘governi indiretti o subordinati’ (le dipendenze coloniali) o, successivamente, delle razze. D’altra parte la stessa immagine del corpo politico della tradizione moderna viene a essere riconfigurata in una riproposizione non meramente analogica del corpo vivente della società che apre la strada al governo sociale dei viventi e che fornisce la base per il circolo virtuoso che presiede alla trasformazione dalla coppia stato/società nello stato del ben/essere, in cui strategie di governamentalità e definizioni disciplinari si alimentano e si rideterminano reciprocamente.