Università degli Studi di Padova - Archivio Generale di Ateneo |
Il "Progetto archivi" (1996)
Un archivio, sia pubblico che privato, costituisce un patrimonio culturale di grande valore, mediante il quale è possibile effettuare studi e ricerche sulla storia dell’ente medesimo e sui suoi legami con il territorio, con i cittadini e con le istituzioni politiche, civili e culturali.
Questa affermazione, pure scontata, ha radici lontane che nulla hanno a che fare con il fatto che l’archivio sia considerato un bene culturale. Infatti, l’archivio esercita una funzione culturale attraverso altre fondamentali funzioni che gli sono proprie e costitutive, cioè quelle di carattere amministrativo, giuridico e probatorio. Prima di divenire storia, quindi, quelle carte sono servite per scopi ben diversi che non hanno nulla in comune con il loro divenire storia: al sindaco o al segretario generale di un municipio, al rettore di un’università, al vescovo di una diocesi, al direttore sanitario di una ASL non interessa produrre documenti da riconoscere come beni culturali, ma soddisfare esigenze di natura pratica. Anzi, è ormai certo che il sindaco, il segretario, il presidente, il vescovo e il direttore non abbiano addirittura coscienza di produrre un archivio, poiché esso nasce e si sedimenta in modo naturale, cioè non volontario, come risultato (e non come fine), come effetto (e non come causa) di un’attività pratica, amministrativa, gestionale.
La funzione culturale che l’archivio svolge rappresenta, pertanto, il degno coronamento delle sue altre funzioni; tuttavia essa non è il presupposto per la sua esistenza e può essere svolta in modo efficace soltanto se l’archivio è ben organizzato e gestito durante il momento più delicato, che è quello della formazione dei documenti. Prima quindi del passaggio da una funzione giuridica, probatoria, amministrativa e pratica ad una funzione scientifica e culturale, l’archivio deve svolgere un preciso servizio per l’ente che lo produce e rappresentare il fulcro del sistema informativo in quanto generatore-certificatore (l’ufficio protocollo e l’archivio corrente) e detentore-conservatore (l’archivio di deposito e l’archivio storico) di tutti i documenti prodotti nell’esercizio e nell’espletamento delle funzioni dell’ente o dell’ufficio che l’ha prodotto. Da ciò deriva il carattere di unicità di ogni archivio e quindi il dovere di tutelarlo mediante un’organizzazione e una gestione adatte a garantire, oltre al corretto svolgimento delle funzioni sopra ricordate, un’efficace opera di tutela, che ne assicuri, per il presente e per il futuro, fatti salvi i limiti imposti dalla legge, le possibilità di consultazione a scopo di ricerca e di studio.
In queste premesse, oltre che nella constatazione che tali principi non sono stati applicati nel passato con rigore scientifico e sistematicità, vanno ricercate le motivazioni che hanno indotto il Magnifico Rettore ed il Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Padova a costituire una Commissione archivi incaricata di studiare il “problema archivio” dell’ateneo patavino.
Essa ha inizialmente adottato la seguente strategia: da un lato avviare la ricognizione dei fondi documentari esistenti presso la sede centrale universitaria, che, in parecchi casi, hanno mostrato segni di preoccupante degrado; dall’altro redigere un progetto generale per la gestione, tutela e valorizzazione dell’archivio universitario.
In entrambi i casi si è fatto ricorso all’incarico a professionisti esterni: la ricognizione dei fondi è stata effettuata dalla ditta ABC, mentre nel luglio 1995 venne affidato a Gianni Penzo Doria l’incarico di redigere quel progetto. L’incarico fu portato a termine nel febbraio 1996 e approvato nell’aprile dello stesso anno dal Consiglio di Amministrazione, come tappa fondamentale e presa di coscienza da parte degli organi accademici dell’esistenza di un archivio da riorganizzare, tutelare e valorizzare in tutte le sue fasi, dal protocollo all’archivio storico. Nacque così il Progetto Archivi.
Il Progetto archivi fu scritto su un primo assunto fondamentale: l’archivio dell’università è unitarioo. L’affermazione sembra ovvia, ma appare tutt’altro che scontata nel panorama nazionale dell’archivistica contemporanea dove si tende a organizzare il servizio con una netta cesura, che diventa una barriera ideologica, tra la parte corrente, la parte di deposito e la parte storica.
L’esperienza e la frequentazione degli archivi universitari italiani ci hanno insegnato che, di norma, il protocollo e l’archivio corrente sono affidati a personale, per così dire, “non archivistico”, di bassa qualificazione professionale, privo dei necessari stimoli e in una posizione organizzativa di line casuale o residuale (di norma, il servizio è affidato ai cosiddetti Affari Generali o Affari Legali e raramente lo si trova in staff alla Direzione amministrativa); l’archivio di deposito invece è concepito non nella sua cruciale e strategica funzione archivistica di transizione e maturazione dei documenti, ma come un deposito d’archivio e, di conseguenza, gestito alla stregua di uno spazio logistico dal servizio economo-patrimoniale dove, accanto a materiale di vario genere (tra i fascicoli degli studenti a volte ci è capitato di trovare motorini, biciclette, calcolatrici e tagliaerba rotti), si trovano anche i documenti; nella migliore delle ipotesi, l’archivio storico è, infine, affidato ad una struttura didattica o di ricerca storica, dove avviene il paradosso della figura di utente-gestore dell’archivio: avremo quindi un archivio studiato sotto mille aspetti nella pubblicazione di saggi storici, ma non gestito, tutelato e valorizzato attraverso la redazione di guide, indici e inventari. Si tratta, invece, di un unicum rappresentato da tutti i documenti e soprattutto dalle loro interrelazioni, che inizia a porsi in essere durante la formazione dei documenti a protocollo. Esistono dunque diversi aspetti dello stesso problema che devono essere regolamentati in modo unitario, anche se di fatto esiste un’articolazione nello spazio (gli uffici e le strutture) e un’articolazione nel tempo (le età dei documenti) che però non intaccano la logicità del complesso unitario.
L’attenzione generalmente posta soltanto alla parte storica degli archivi, senza un adeguato raccordo con il processo di formazione dei documenti, rappresenta una delle cause principali che hanno portato, paradossalmente, proprio alla mancata o insufficiente valorizzazione degli archivi storici. Del resto, uno dei più grandi archivisti di tutti i tempi, Giorgio Cencetti, ebbe a scrivere nel 1939: c’è una «impossibilità di differenziare teoricamente l’ufficio di protocollo dall’archivio, l’archivio corrente da quello di deposito: tutto è semplicemente archivio». La tutela e la valorizzazione dell’archivio storico, dunque, dipende dall’organizzazione e dalla tutela dell’archivio corrente. In proposito giova ricordare un’altra frase della dottrina archivistica ripresa da Leopoldo Sandri, che dovrebbe far riflettere sulla trascuratezza degli archivi correnti: «le fonti documentarie per la storia nascono e si difendono nell’archivio in formazione».
Quest’ultimo rappresenta il primo anello di una catena che termina di norma quarant’anni più tardi, quando i documenti relativi ai procedimenti conclusi, dopo essere transitati per quel limbo che è l’archivio di deposito ed essere stati opportunamente “depurati” assurgono alla dignità culturale e scientifica che compete all’archivio storico, dove saranno conservati perennemente e resi disponibili agli studiosi.
Orbene, in quei quarant’anni può succedere di tutto: disgregazione delle serie archivistiche, omissione delle registrazioni e della classificazione, inosservanza delle procedure di scarto. Ciò accade, di fatto, in quasi tutti gli enti pubblici e le cause sono da ricercare proprio nello scarso peso che si attribuisce alla documentazione mentre si forma e si produce, come se la nascita di un documento non fosse importante al pari della sua stessa esistenza.
Scarica il Progetto archivi (1996) - pdf 0,6Kb
Università degli Studi di Padova - Archivio Generale di Ateneo
Palazzo Bo - Via 8 febbraio 1848, 2 - 35122 - Padova
tel. + 39 49 827.3792 - 6 -7 - 8 telefax + 39 49 827.3529 e mail archivio@unipd.it
|
Ultimo aggiornamento: 7 gennaio 2008 |