Università degli Studi di Padova - Archivio Generale di Ateneo - ARCHIVIO ANTICO

 

 

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[Estremi cronologici: 1300ca-1806]
[Unità: 106; nn. 124-229]
[G. Giomo, L’Archivio Antico, cit., pp. 27-37]

I sacri Collegii sembra che abbiano avuto origine in sulla fine del secolo XII o in sul principio del XIII, e che già da molto tempo esistessero, lo si rileva dalla bolla di Urbano IV, 1264 9 gennaio, con la quale statuiva che “qui debet in magistros assumi coram episcopum paduano presentibus doctoribus universitatis eiusdem examinari debeant diligenter:” e voleva che i Vescovi ne fossero i cancellieri perpetui.

Il sacro Collegio giurista era dapprima composto di 12 dottori e ciò fino al 1355 in cui fu stabilito che si aumentassero al nurnero di 20, e nel 1368, a 25 e 30, e finalmente nel 1382 il collegio stesso deliberò che il numero dei suoi dottori non fosse limitato, ma tanti ne potessero essere aggregati quanti esso collegio credesse di aggregarvene: “Priore domino Lodovico de Lambertaciis utrius que iuris doctore, 1382, sicut utriusque iuris testatur auctoritas non debet reprehensibile ludicari, si secundum varietatem temporum statuta varientur humana, presertim cum urgens necessitas et evidens utilitas id exposcat. Invenimus siquidem in antiquis statutis circa numerum doctorum varias constitutiones variis temporibus emanasse, primo namque priore domino Jacobo de sancta cruce legum doctore numerus doctorum collegii nostri (1349) duodenarium numerum excedere non valebat; demum (1355) priore domino Bartolomeo de Capite vacce legum doctore numerus doctorum fuit auctus ad numerum de viginti; postea (1368) priore domino Michaele de Reprandis de Marostica legum doctore fuit per collegium stabilitum, quod usque ad numerum de vigintiquinque doctorum, numerus augeretur. Novissime priore d. Antonio de Merlaria legum doctore specialiter fuit provisum, quod numerus augeatur de triginta et licet hec statuta multiplicem inter se dissonanciam continerent quodlibet tamen fuit bonum et utile secundum sui temporis qualitatem. Nunc autem studium est nobis circa hoc taliter providere quod statutum nostrum in posterum aliqua correctione vel supplectione non egeat; ideo statuimus quod numerus doctorum collegii nostri non sit limitatus, sed tot doctores possint esse in collegio nostro quot doctoribus nostri collegii recipere placuerit. Quid enim refert si collegium nostrum ultra numerum tunc temporis perfinitum libere possit plures recipere, cum olim per viam statuti possit numerum limitatum augere. Incongruum etiam arbitramur quod si doctorum numerus sit perfectus per adventum doctoris absentis in collegio iam descripti, posteriorum doctorum qui honera collegii dudum forte substinuit a collegio sit exclusus.”

Non poteva alcuno essere del Sacro Collegio ne in in esso entrarvi, senza essere stato prima approvato in pubblico esame come dichiara lo statuto (1349) “quod aliquis qui non sit in examine publico approbatus nullo modo possit esse de collegio nostro, vel ipsum intrare et si receptus fuerit dicta receptio non valeat, nec etiam possit interesse alicui examinacioni private nec sub eo possit aliquis presentari ad privatum examen aut ab eo publica accipere nec alia doctoratus insignia, et si aliter fieret, doctores collegii huic examini privato vel publico interesse non debeant sub pena periurii et librarum decem pro qualibet vice”; e posteriormente fu stabilito che prima di sottoporsi all’esame dovesse egli sostenere una disputa nella facoltà in cui avesse ad esaminarsi (1488). “Quod nullus intelligatur esse plusquam mediocris scientie nec omnino possit esse habilis ad hanc gratiam consequendi (di entrare cioè in collegio) a collegio nostro nisi prius fecerit aut disputationem generalem vel solempnem repetitionem per octo dies ante pronunciata in scolis per bidellum generalem in ea facultate in qua vult expediri: ad disputationem seu repetitionem teneatur invitare, et associari facere priorem nostri collegii et saltem quatuor doctores de collegio ultra magistros suos. Nè conseguisca l’aggregazione se non pervenuto al ventiduesimo anno dell’età sua ed abbia frequentato per otto anni le pubbliche scuole (1430) “quod nullus in collegio nostro admittatur, nec ad ipsum recipiatur nisi sit etatis XXII annorum et iura per octo annos audiverit et repetierit ac disputaverit pro se respondendo in scolis publicis ipso existente scolare vel ipso iam facto doctore et sit bonorum morum.”

Non poteva ammettersi al Sacro Collegio se non era cittadino di Padova oppure leggente in diritto canonico o civile, o stipendiato dal pubblico, cessava di appartenere a1 collegio quando cessava di leggere e quando più non percepiva stipendio. “Nullus doctor qui non sit civis originarius civitatis Paduæ vel actu Paduæ legens ius canonicum vel civile et salariatus pro lectura de publico ad nostrum collegium admittatur. Et doctores non originarii, cives Paduæ civitatis, qui ad collegium nostrum admissi fuerint in futurum cum desierint in studio Paduano publice salariati leggere ius canonicum vel civile, immediate collegium nostrum se noverint exivisse, nec doctor Paduæ non originarius civis qui alias de collegio nostro fuerit, et ob eius absentiam sit exclusus, in collegium nostrum redire valeat, nisi sit actu legens Paduæ ius canonicum vel civile et de publico salariatus quo casu solutis duobus ducatis collegio et solidis quinque notario tantum ipsum in collegium reverti patimur.”

Per esser ammessi in Collegio dovevano assoggettarsi ad una specie di processo o Prova, dovevano cioè provare: che essi petenti ed i loro padri ed avi erano cittadini originarii di Padova o del Padovano, che nè essi nè i loro padri ed avi avevano esercitato arte meccanica, o tenuto occupazione servile: che erano legittimi e naturali e nati di 1egittimo matrimonio: che non erano gravati di alcuna macchia d’infamia; che avevano essi ed i loro autori sopportato per 60 anni continui i pesi e le fazioni nella città o nel distretto di Padova: che per 6 anni avevano atteso agli studi legali nella Università: e finalmente che erano di buoni costumi ed avevano superato l’età dei 22 anni. Di tali prove esistono documenti dal 1525 al 1806.

Avendo diritto, per ragione della carica, il Rettore dell’Università di esser aggregato al Collegio, si osservò in progresso di tempo che alcuno procurava di essere eletto Rettore per ottenere l’aggregazione, poi non leggeva; fu prescritto nel 1454 che non si aggregasse alcuno se non se, esercente attualmente la lettura, e fosse stipendiato dal pubblico almeno con 50 ducati. “Volumus ut deinceps nullus doctor forensis deputatus ad lecturam admittatur ad collegium nostrum nisi ipsam lecturam actualiter legat et salariatus sit de publico cum salario ad minus ducatorum quinquaginta.” Non potevano mai i forestieri percepire gli emolumenti che spettavano ai 12 numerarii, nè essere del numero di questi, e molto meno priori. Nessun scolaro poteva prodursi pel dottorato se non si faceva presentare da altro dottore, e prima di essere esaminato era suo obbligo di recarsi alla casa del Priore per chiedere umilmente che egli facesse convocare il Collegio, onde adunato questo nella chiesa cattedrale previa esposizione da farsi dal di lui promotore dei costumi del candidato, dello studio e della scienza sua, gli fosse concesso di essere ammesso all’esame privato.

Prima però di conseguire la laurea il candidato dovea sostenere, oltre che l’esame privato come veniva stabilito nel 1355, anche un esame pubblico, che si doveva tenere nella cattedrale, e nel mezzo di essa, non nella sacrestia o dietro il coro sotto pena di 10 lire (1382). “Interdicimus cuicumque scolari accipere publicam examinationem in sacristia vel post altare, sed in medio ecclesie cathedralis iuxta morem studii Paduani.”

I punti di ius civile e canonico sui quali lo scolare dovea subire l’esame venivano assegnati dai dottori collegiali che erano delegati dal Vescovo o dal suo vicario previo giuramento che essi sarebbero per assegnare i punti senza odio o predilezione alcuna.

Era costume fissato con norme statutarie (1381) di corrispondere da parte dell’esaminando al dottor collegiale da cui era presentato “libras tres confectionum et fialas quatuor vini aut unum ducatum”; al promotore o a ciascuno dei promotori, che potevano essere anche in numero di tre, “quatuordecim brachia panni, unum birrettum, et unum anulum”, quali cose potevano esser cambiati in denaro a volontà dei promotori: nel 1401 in luogo del panno furono sostituite le vesti o 12 ducati: ai collegiali intervenuti all’esame privato (1349) “antequam doctores recedant de domo in qua examinatus fuerit teneatur dari facere XII ducatos boni auri et iusti ponderis”. Questi 12 ducati venivano divisi tra i 12 collegiali componenti il collegio, detti numerarii, ai supranumerarii, cioè a quelli aggiunti quando fu ampliato il numero, nulla si corrispondeva, ma succedevano ai numerarii quando questi mancavano.

Nell’esame pubblico dovea lo scolare (1349) contribuire ai dottori del collegio “libras XVIIII et solidos quatuor et unum par cirothecarum pro quolibet et notarius collegii dictam pecuniam exigere teneatur” prima che i collegiali si allontanassero dalla cattedrale e tosto dividerli tra gli stessi. I sopranumerarii non avevano diritto che ad un paio di guanti con riserva come si è detto di subentrare nei diritti dei supranumerarii.

Mutatosi col mutar dei tempi il valore della moneta e riconosciuta la difficoltà della divisione delle L. 19.4 che dovea contribuire lo scolare pel pubblico esame, fu nel 1400 stabilito che questi dovesse dare a ciascun collegiale, medietas unius ducati aurei ad cursum ducatorum venetorum boni auri et iusti ponderis.

Tutte queste contribuzioni lo scolare doveva pagarle doppie se il dottorato aveva luogo per le due facoltà, cioè pel diritto civile e pel canonico. Ne era esente soltanto il Rettore della università e gli scolari che facessero constare della loro povertà. Dovevano prestar i laureati il giuramento secondo la formula della professione di fede prescritta dal Pontefice Pio V con sua bolla 1564. 13 novembre:

“Ego N. N. firma fide credo et profiteor omnia, et singula quæ continentur in symbolo fidei, quo sancta Romana ecclesia utitur, videlicet:

Credo in unum deum patrem etc.

Item sacram scripturam etc.

Profiteor quoque septem esse vere e proprie sacramenta novæ legis etc.

Constanter teneo purgatorium esse.

Animasque ibi detentas fidelium suffragiis iuvari etc.

Sanctam catholicam et apostolicam romanam ecclesiam omnium ecclesiarum matrem et magistram agnosco, Romanoque pontifici Beati Petri Apostolorum Principis successori ac Jesu Christi vicario veram obedientiam spondeo et curo.”

A questa formula non potevano certo assentire gli scolari germanici e greci; quindi la necessità di provvedere a che si potesse conseguire il dottorato altrimenti che in sacro Collegio, per cui il Senato provvide con la istituzione dell’augusto Collegio veneto come si è detto più sopra.

Come avrà rilevato il lettore nella nota delle tasse che pagavano gli scolari per conseguire il dottorato, è fatto cenno del conseguimento della laurea dottorale, more nobilium. Consisteva questa nell’esenzione da parte del laureando di argomentare, esenzione che dapprima era riservata ai soli nobili veneti, e che più tardi con deliberazione del Sacro Collegio giurista 30 agosto 1628 fu estesa a coloro che erano insigniti di ecclesiastiche dignità, quali gli arcivescovi, vescovi, protonotarii apostolici partecipanti, abati, canonici ordinari ed altri prelati che godessero cariche pari alle suaccennate; e tra gli scolari, oltre che ai veneti patrizii anche alli rettori e vicerettori delle università, ed a tutti i feudatarii che godevano del diritto di mero e misto impero.

Dal corpo dei dottori collegiali si eleggeva il Priore che doveva essere cittadino originario di Padova, durava in carica un anno, nè aveva alcun emolumento speciale dovendo accontentarsi solo di quanto ritraeva dagli esaminandi quale dottore di collegio.

Aveva esso il primo luogo nelle riduzioni e dopo il Rettore della università la precedenza a tutti i dottori collegiali. Aveva il diritto di far convocare il collegio e proponer le parti ed a voti pari la precedenza quella da lui votata. Doveva firmare assieme ai promotori i privilegi rilasciati a scolari senza la cui firma non avrebbero avuto alcun valore. Custodiva il sigillo grande d’argento con l’immagine della Beata Vergine gloriosa, quale stemma proprio di esso Collegio.

Era il Collegio sacro giurista tenuto in tanta estimazione per essere composto dei più eccellenti dottori in giurisprudenza, che a lui concorrevano per decisioni di cause, per ricorsi in appello, per consulti e pareri, non solamente la Veneta Repubblica, ma Principi, Re ed Imperatori, i quali sottoponevano al savio parere del sacro Collegio le divergenze che insorgevano per questioni confinarie su proprietà private, per liti di famiglia ecc.

 


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    Ultimo aggiornamento: 20  novembre 2007