Università degli Studi di Padova - Archivio Generale di Ateneo - ARCHIVIO ANTICO

 

 

[Estremi cronologici: 1617-1806]
[Unità: 34 (compresi 4 pezzi delle successive facoltà, 1807-1817); nn. 267-300]
[G. Giomo
, L’Archivio Antico, cit., pp. 40-44]

Come si ebbe a dire parlando in generale sulla istituzione dei Collegi veneti quale premessa al collegio veneto giurista il Senato per togliere di mano ai Conti palatini la creazione dei dottori, e per richiamare in seno alla Università Patavina quelli studenti che o per convincimento o per appartenere o nazioni che non professavano la religione cattolica, non credevano dover prestarsi al giuramento prescritto con la bolla di Pio Papa V, per conseguire il dottorato in sacro collegio; istituì con decreto 1616 22 aprile un collegio di veneta autorità nel quale gli scolari artisti potessero essere ammessi al dottorato senza contravvenire alla loro coscienza.

Componevano questo Collegio le tre prime cattedre di filosofia, e di medicina teorica e pratica oltre ad altri dottori ad libitum degli scolari.

Più tardi venne fissato ad otto il numero delle cattedre che avevano diritto di intervenire in Collegio: otto quindi erano i professori che assistevano all’esame di dottorato, cioè della prima e seconda cattedra di teorica ordinaria di medicina; della prima e seconda cattedra di pratica ordinaria di medicina; della prima e seconda cattedra di filosofia ordinaria; della prima e seconda cattedra di anatomia. Soppressa nel 1726 la seconda cattedra di anatomia fu introdotto in sostituzione il professore di medicina teorica straordinaria e soppressa pur questa nel 1738 vi subentrò quello di filosofia sperimentale.

Presidente del Collegio era uno dei professori, durava in carica tre anni e poteva esser rieletto. Come capo del Collegio aveva seggio più elevato, custodiva la cassetta dei punti pei dottorati che dovevano essere estratti alla sua presenza; ed era esente dall’argomentare nello svolgimento dei punti. Assegnava il promotore al laureando sì nel collegio sacro che nel Collegio veneto, proponeva i casi di medicina nelle recite ed era lui che pronunciava la formula prescritta nel conferimento del dottorato, ricevendo un terzo più di quanto percepivano i professori nella divisione delle sportule che erano tenuti pagare i laureandi ai numerari del collegio. In caso di assenza lo sostituiva il professore primario di medicina teorica, e mancando questi quello di medicina pratica.

Era dal decreto del Senato 25 agosto 1640 ordinato che quando si dovevano creare dottori di Veneta Autorità dovevano questi provare la loro esterità o la loro povertà. Ma l’umana malizia sempre pronta a deludere le leggi aguzzò l’intelletto degli scolari di tutti i paesi sudditi ad inventar artificii affine di comparire nello studio come privilegiati. Alcuni procuravansi l’adozione alemanna, altri mentivano nascita e patria, altri procacciavansi attestati di povertà che venivano facilmente ammessi dai Presidenti del Collegio veneto, che a quei tempi prendevano in esame i documenti per l’ammissione ai dottorati. In vista di tali abusi che pregiudicavano i diritti e i privilegii dei Collegii sacri ricorsero questi all’autotorità del Senato per farli cessare e questo con decreto 1711, 8 ottobre richiamando all’osservanza quello del 1616 ordinò in forma assoluta ai presidenti del Collegio veneto che non dovessero ammettere laureandi al dottorato senza far precedere un accurato e diligente esame della loro nascita e senza la presentazione delle fedi che ne giustificassero la patria, dichiarando non ammissibili tutti quelli che ne fossero privi, Riconoscendo quindi il Senato l’abuso introdotto, che sotto apparenza di povertà alcuni scolari carpivano ai Riformatori dello studio di Padova, terminazione di abilità al dottorato nel Collegio veneto senza obbligo di deposito, venendo questo però supplito dai laureandi sottomano per esentarsi dalle altre tasse, ordinò il Senato che i Presidenti del Collegio non ammettessero alla laurea dottorale alcun scolaro che vi si presentasse a titolo di povertà, quando poi fosse per esibire il deposito.

Se ne risentirono di questa deliberazione i Presidenti del Collegio perchè era ad essi sommamente pregiudiziale, e presentarono suppliche ai Riformatori; ma questi riconfermando il decreto di Senato emanarono la terminazione 1714, 7 marzo che suonava: “Datosi da noi quel peso che conviensi all’importanza dell’affare per le circostanze che vi concorrono, e considerato che il decreto stesso non tende che a togliere i disordini corsi nel passato, e le sagaci procedure di scolari sudditi col fine dannato di sottrarsi dall’obbligo del quadriennio, ma non a derogare i diritti e le prerogative del Collegio veneto venimo in deliberazione di dichiarare…. che non s’intendi col preaccennato decreto comandata alcuna novità o restrizione del precedentemente praticato, ma solo estese le diligenze più esatte perchè resti legittimamente comprovata l’esterità per quelli che devono essere ammessi al Collegio veneto e divertite le frodi per l’addietro praticate da scolari sudditi.”

Varie altre provvidenze furono prese in progresso di tempo nel 1721, 1730, e 1760 perchè fosse legalmente comprovata l’angustia delle fortune di coloro che domandavano di esser laureati a titolo di povertà.

Lo scolare che desiderava essere laureato in medicina, o licenziato in chirurgia, doveva fare il deposito, condizione precipua per essere ammesso all’estrazione dei punti o delle tesi ammenochè non fosse stato dichiarato povero come si è detto più sopra. Estratti i punti entro 24 ore era tenuto a prepararsi a sostenere la tesi contro gli argomentatori. Gli esami si tenevano in una delle sale alla presenza di sei professori, del cancelliere e bidelli; dapprima il pubblico vi era ammesso poi ne fu escluso. Esposte dallo scolaro le questioni i professori proponevano contro ciascuna i loro argomenti sui quali esso doveva rispondere. Compiuto l’esame se ne faceva la ballotazione secreta, quando lo scolare otteneva la metà dei voti più uno veniva licenziato ed approvato. Con terminazione 1771, 29 agosto furono alle recite sostituiti gli esami.

La presentazione al collegio del laureando, il modo che si doveva osservare nell’esame erano consoni a quello del collegio veneto giurista, solo ne diversificavano le sportule che dovevano pagar i laureandi.


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    Ultimo aggiornamento: 20  novembre 2007