placeholderAlexis de Tocqueville

di Sandro Chignola - Nasce a Parigi da famiglia di antica nobiltà normanna. Dopo gli studi giuridici a Parigi, entra in magistratura nel 1827. Tra il 1831 ed il 1832 compie con l'amico Beaumont il viaggio di studio, che sta alla base dei due volumi sulla Democrazia. Lunghi viaggi di documentazione verrano effettuati in Italia, Svizzera, Algeria, Inghilterra, Germania ed Italia, lungo tutto il corso della sua vita. Nel 1838, sull'onda del successo della prima Democrazia, viene eletto all'Académie des Sciences Morales et Politiques. Nel 1841 all'Académie française. Dal 1839 deputato dell'arrondissement di Valognes, conserva il suo mandato all'Assemblea costituente anche dopo la Rivoluzione di Febbraio. Nel 1849, sotto la presidenza di Luigi Bonaparte, viene nominato Ministro degli affari esteri della Repubblica francese. Si ritira dalla vita politica dopo il colpo di stato del dicembre 1851. Muore a Cannes nel 1859.

Dopo il viaggio in America, oltre ad una fortunatissima ricerca sulle carceri americane scritta per lo più da Beaumont [Système Pénitentiaire aux États-Unis et son application en France, 1832], che oppone il modello del lavoro coatto di Auburn a quello dell'isolamento cellulare di Philadelphia, allo scopo di presentare al pubblico strumenti per il riordino e la riforma delle case di detenzione francesi, Tocqueville pone mano autonomamente al libro destinato a dargli fama europea, nonostante la giovanissima età. La prima Democrazia [1835] appare ai contemporanei come un libro rivoluzionario. Da un lato esso sfata il topos settecentesco della democrazia come forma di governo adatta soltanto a repubbliche di piccole dimensioni. Dall'altro esso emancipa la teoria politica dalla propria ossessione per il fondamento del politico. Il «mondo nuovo» della democrazia, richiede davvero una «scienza politica nuova». La democrazia rappresenta per Tocqueville non una forma, quanto piuttosto una tendenza, ovvero il procedere e l'estendersi di una dinamica di progressiva contrattualizzazione del legame sociale, di erosione dell'autorità tradizionale, di crescente ruolo del soggetto; e allude non tanto ad un «regime», più o meno storicamente concreto, quanto piuttosto ad una modalità della percezione sociale, strutturata dalla reciprocità del sentimento (croyance) d'uguaglianza. L'analisi tocquevilleana dello «stato sociale» degli USA combina, proprio per questo, osservazione dei costumi e sociologia, analisi delle istituzioni e filosofia morale. L'«irresistibile» processo dell'uguaglianza, che in Europa procede tra rivoluzione e reazione, è in America affermato nell'originalità e nella particolarità del «punto di partenza» in cui si realizza la colonizzazione. Tra di loro omogenei - per la fede che condividono e per costumi, speranze e condizione -, i padri fondatori della Nuova Inghilterra istituiscono uno «stato sociale» (concetto decisivo in T., e da lui stesso definito come la «causa prima della maggior parte delle leggi, dei costumi e delle idee che regolano la condotta delle nazioni»), dalla cui descrizione discende la possibilità di unificare l'intera fenomenologia politico-sociale americana, e di inaugurare una comparazione con la medesima tendenza all'equalizzazione dei rapporti sociali in corso in Europa. «Irresistibile» perché connaturato al «movimento sociale» degli ultimi due secoli, il processo della democrazia non conosce in America genesi rivoluzionaria. Sovranità divisa, che si esprime in capacità politica autonoma; decentralizzazione amministrativa ed un forte esecutivo federale; jury elettivi ed un autonomo e saldo potere giudiziario; libertà civili e politiche, rappresentano la forma in cui il processo della democrazia si stabilizza in terra americana, per esservi «governato» da un apparato istituzionale che non si proponga di contraddirlo o di arrestarlo.

Dopo il viaggio in America, oltre ad una fortunatissima ricerca sulle carceri americane scritta per lo più da Beaumont [Système Pénitentiaire aux États-Unis et son application en France, 1832], che oppone il modello del lavoro coatto di Auburn a quello dell'isolamento cellulare di Philadelphia, allo scopo di presentare al pubblico strumenti per il riordino e la riforma delle case di detenzione francesi, Tocqueville pone mano autonomamente al libro destinato a dargli fama europea, nonostante la giovanissima età. La prima Democrazia [1835] appare ai contemporanei come un libro rivoluzionario. Da un lato esso sfata il topos settecentesco della democrazia come forma di governo adatta soltanto a repubbliche di piccole dimensioni. Dall'altro esso emancipa la teoria politica dalla propria ossessione per il fondamento del politico. Il «mondo nuovo» della democrazia, richiede davvero una «scienza politica nuova». La democrazia rappresenta per Tocqueville non una forma, quanto piuttosto una tendenza, ovvero il procedere e l'estendersi di una dinamica di progressiva contrattualizzazione del legame sociale, di erosione dell'autorità tradizionale, di crescente ruolo del soggetto; e allude non tanto ad un «regime», più o meno storicamente concreto, quanto piuttosto ad una modalità della percezione sociale, strutturata dalla reciprocità del sentimento (croyance) d'uguaglianza. L'analisi tocquevilleana dello «stato sociale» degli USA combina, proprio per questo, osservazione dei costumi e sociologia, analisi delle istituzioni e filosofia morale. L'«irresistibile» processo dell'uguaglianza, che in Europa procede tra rivoluzione e reazione, è in America affermato nell'originalità e nella particolarità del «punto di partenza» in cui si realizza la colonizzazione. Tra di loro omogenei - per la fede che condividono e per costumi, speranze e condizione -, i padri fondatori della Nuova Inghilterra istituiscono uno «stato sociale» (concetto decisivo in T., e da lui stesso definito come la «causa prima della maggior parte delle leggi, dei costumi e delle idee che regolano la condotta delle nazioni»), dalla cui descrizione discende la possibilità di unificare l'intera fenomenologia politico-sociale americana, e di inaugurare una comparazione con la medesima tendenza all'equalizzazione dei rapporti sociali in corso in Europa. «Irresistibile» perché connaturato al «movimento sociale» degli ultimi due secoli, il processo della democrazia non conosce in America genesi rivoluzionaria. Sovranità divisa, che si esprime in capacità politica autonoma; decentralizzazione amministrativa ed un forte esecutivo federale; jury elettivi ed un autonomo e saldo potere giudiziario; libertà civili e politiche, rappresentano la forma in cui il processo della democrazia si stabilizza in terra americana, per esservi «governato» da un apparato istituzionale che non si proponga di contraddirlo o di arrestarlo.

Ed il problema del «governo» della democrazia, è esattamente quanto si pone, durante e dopo la Rivoluzione francese, anche in Europa. Tra il primo [1835] ed il secondo volume della Democrazia in America [1840], T. pubblica nella «London and Westminster Review», per interessamento di J. S. Mill, un importante saggio sulla Political and Social Condition of France before and after 1789 [1836], in cui analizza, anticipando temi e prospettive di indagine di L'Antico regime e la Rivoluzione [1856] il rapporto tra la tendenza all'equalizzazione dei rapporti sociali messo in opera dalla centralizzazione assolutista e la Rivoluzione dell''89. Quest'ultima non fa che «regolarizzare», «coordinare» e «legalizzare» gli «effetti di una grande causa» (il sistema di regolazione sociale dell'assolutismo), che avrebbe prodotto da sé (anche senza la Rivoluzione) uno stato politico adeguato allo «stato sociale» democratico e all'idea democratica di libertà, che «i francesi avevano concepito prima e più chiaramente di tutti gli altri». La Rivoluzione cessa così di rappresentare un'incomprensibile esplosione di violenza concepita da fanatici o settari: essa costituisce piuttosto l'esito del processo di lunga durata per mezzo del quale l'«idea democratica di libertà», con il suo postulato ugualitario, è andata imponendosi in Francia. Lungi dal corrispondere al suo modello americano, l'uguaglianza di cui qui si tratta è però quella prodotta non dal «punto di partenza», dalla libertà concreta di individui e gruppi, quanto piuttosto quella risultante dal «livellamento» della società civile-politica perseguito dall'assolutismo monarchico, per mezzo della centralizzazione politica ed amministrativa e del disciplinamento che omogeneizza dall'alto la nazione, a partire dall'unitarietà dell'istanza di sovranità.

Nel secondo volume della Democrazia, che T. pubblica, dopo molte esitazioni, nel 1840. Qui l'accento viene posto non tanto sulla specificità delle istituzioni americane, quanto piuttosto sui costumi e sugli effetti perniciosi del «livellamento» democratico. La spoliticizzazione della società d'antico regime e la desertificazione dello spirito pubblico prodotta in Francia dall'assolutismo, ed in America dal perseguimento dell'utile privato, rischiano di innescare, se combinate con il principio del suffragio universale, una pericolosa deriva in direzione del totalitarismo. Il potere, incarnato in quello che T. preconizza come «despotismo democratico», assolverà una opprimente funzione di «tutela» della società che, sotto le specie della preoccupazione per la «felicità» dei propri cittadini, non consentirà dissenso, resistenza, o formazione di un tessuto di autonome relazioni politiche. Uguali ed omogenei, i cittadini, che allo Stato chiedono solamente di essere lasciati tranquilli, finiranno col delegare ad esso tutte le funzioni politiche. «Snervata» ed «inebetita» dalla ricerca del benessere, la società dei privati appare a T. pronta per un padrone assoluto.

Le fosche conclusioni della seconda Democrazia, già dopo il 1848 daranno a T. fama di profeta. La sua disperata difesa della libertà si infrange contro il nuovo despotismo napoleonico. Luigi Bonaparte sembra definitivamente incarnare, nel suo potere centralista e assoluto, e però legittimato dalla procedura democratica del suffragio universale [1851-52], la profetizzata forma di un «libero» assoggettamento della società dei privati ad un padrone che, stabilizzandola e proteggendola, la esoneri dal compito (insostenibile per la versione continentale della democrazia) di autogovernarsi.

L'ultima fase della vita di T. è dedicata agli studi storici. Nel 1893 usciranno postumi i Ricordi, stesi negli anni della sconfitta politica [1850-51]. Nel 1856 il grande studio su L'Antico regime e la Rivoluzione, parte prima di un'opera pensata come grande ricognizione storiografica sulla Rivoluzione francese, che non verrà però completata. Due sono le tesi che T. vi espone. Da un lato quella - già preparata dallo studio del 1836 - dell'assoluta continuità tra antico regime e Rivoluzione. Una continuità istituita dai processi di centralizzazione che spoliticizzano la società francese (erodendo autonomie e franchigie; le libertà municipali e la resistenza di nobili e parlamenti) e la dispongono ad accettare, senza soluzione di continuità, prima il Terrore giacobino e poi il cesarismo napoleonico. Dall'altro una teoria del «blocco», che spiega la Rivoluzione a partire dall'incepparsi dei meccanismi di mobilità sociale dell'antico Regime. Una volta infrante le resistenze di parlamenti e nobiltà, la monarchia perde il proprio sostegno e prepara la propria rovina.

Nella storia della critica, l'opera di T., sin dalla discussione che ne fece J. S. Mill, viene interpretata come un'originale teoria della liberal-democrazia. «Liberale di tipo nuovo» T. scopre le contraddizioni di fondo della società liberale da un punto di vista non marxista.

Opere

Œuvres Complètes, Édition définitive publiée sous la direction de J. P. Mayer, Paris, 1951-;

Scritti politici, a c. di N. Matteucci, Torino, 1968-1969, voll. 2;

L'antico regime e la Rivoluzione, a c. di C. Vivanti, Torino, 1989; Ricordi, a c. di C. Vivanti, Roma, 1991;

Scritti note e discorsi politici 1839-1852, a c. di U. Coldagelli, Torino, 1994;

Vita attraverso le lettere, a c. di N. Matteucci e M. Dall'Aglio, Bologna, 1996.

Bibliografia

A. M. Battista, Studi su Tocqueville, Firenze, 1989;

R. Boesche, The Strange Liberalism of Alexis de Tocqueville, Ithaca and London, 1987;

V. De Caprariis, Profilo di Tocqueville, Napoli, 19962;

F. M. De Sanctis, Tempo di democrazia. Alexis de Tocqueville, Napoli, 1986;

L. Diez del Corral, Tocqueville. Formazione intellettuale e ambiente storico, Bologna, 1996.

M. Hereth - J. Hoffken (Hrsg.), Alexis de Tocqueville. Zur Politik in der Demokratie, Baden-Baden, 1981 (con una Bibliographie sélective commentée di A. Jardin e F. Melonio alle pp. 121-172);

A. Jardin, Alexis de Tocqueville 1805-1859, Milano, 1994;

J. C. Lamberti, La notion d'individualisme chez Tocqueville, Paris, 1970;

- Tocqueville et les deux démocraties, Paris, 1983;

P. Manent, Tocqueville et la nature de la democratie, Paris, 1982;

N. Matteucci, Alexis de Tocqueville. Tre esercizi di lettura, Bologna, 1990;

F. Melonio, Tocqueville et les Français, Paris, 1993;


tratto da:Enciclopedia del pensiero politico, a c. di C. Galli -R. Esposito, Roma-Bari, Laterza, 2000
/ CB